«Chi è il Dio al quale crediamo e del quale dobbiamo dare testimonianza?
E perché è necessario, anzi vitale, collegare la Rivelazione
cristiana di Dio all’affermazione e alla difesa della dignità umana?
Dove sono i nostri riferimenti storici e spirituali?»: queste sono le
domande che guidano la riflessione proposta nello scorso gennaio
da mons. Claude Dagens, vescovo di Angoulême e membro dell’Académie
Française, ai parroci della città di Milano, nel corso di una
sessione sul tema Santità e riforma. Ne riproduciamo qui il testo, nella
persuasione che questo esercizio di discernimento valga non solo
nel contesto francese ma anche nella realtà pastorale italiana.
Mons. Dagens sottolinea che il vivere da cristiani nel nostro tempo
non è questione risolvibile in una facile formula; si tratta piuttosto
di una lotta, di un impegno che si misura fino in fondo con un’epoca
indisgiungibilmente di fine e di rinascita. Insieme, la comunità cristiana
oggi è chiamata a manifestare in modo semplice, risoluto, il più
possibile solidale, la novità cristiana per quello che è, attraverso una
franca testimonianza offerta sul duplice versante del Dio che si dona
e degli uomini che imparano ad accoglierlo.
Negli ultimi anni il controllo dei mercati idrici è divenuto una delle più
ambite e redditizie frontiere del mercato globalizzato. L’acqua è stata
così svilita a merce fra le altre, perdendo il riconoscimento di bene essenziale
per la vita di ogni persona e,come sovente accade quando predominano
le logiche del profitto, sono proprio le popolazioni più povere
e marginali a pagare il prezzo più alto. Da anni la Chiesa e il suo
magistero guardano preoccupati a questa situazione. Lo stesso Benedetto
XVI è intervenuto riaffermando che diritto all’acqua e diritto primario
alla vita sono indissolubilmente connessi e che è quindi necessario
far maturare «una coscienza solidale che consideri l’alimentazione e
l’accesso all’acqua come diritti universali di tutti gli esseri umani, senza
distinzioni né discriminazioni». Don Bruno Bignami, sacerdote diocesano
di Cremona e docente di Teologia morale presso lo Studio Teologico
Interdiocesano e l’ISSR di Crema-Cremona-Lodi-Vigevano, nel suo
ampio studio offre una completa disamina della problematica, a partire
– in questa prima sezione – anzitutto dalla descrizione dell’azione di accaparramento
delle risorse idriche da parte delle multinazionali del settore
e della relazione sempre più evidente fra accesso all’acqua e potere
politico-economico. Il saggio si sviluppa in un secondo momento
analizzando il significato che Bibbia e Magistero ecclesiale riconoscono
all’acqua, traendone i criteri per un più ampio discernimento morale.
La cultura contemporanea ricorre con grande frequenza alla categoria
di libertà per fondare l’agire umano, attribuendole spesso un
significato improprio. Per il cristiano la libertà ha un’icona insuperabile
nella vita di Gesù, tanto da poter affermare che «la grande novità
da lui portata consiste nella libertà che egli ha saputo vivere».
Lo studio di Ludwig Monti, monaco di Bose, mette a tema questa
convinzione, proponendo una ricognizione dei testi evangelici che
evidenzia come nei principali momenti della sua vita e del suo insegnamento
Gesù porti a radicale coerenza una nuova idea di libertà.
Famiglia, religione, potere, fama, persino la morte: Gesù attraversa
questi ambiti in modo singolare, relativizzandoli e aprendoli alla possibilità
di essere vissuti senza divenirne succubi, mostrando in tal
modo di «essere libero non per interessi propri, ma per offrire una
speranza a chi non ne ha. Ed è così che, salvando la dignità dell’uomo,
egli salva anche la dignità di Dio».
Concludiamo la pubblicazione dello studio di Luca Diotallevi, docente
di sociologia all’Università di Roma Tre, che, dopo aver fornito
le categorie necessarie alla comprensione della problematica di
fondo (cfr. la prima parte dello studio sul n. 2/2011), si propone di
mostrare gli elementi di rischio implicati in questo delicata transizione
culturale, ma anche le opportunità di cui le Chiese italiane dispongono
nell’immaginarsi in un futuro diverso: esse infatti possiedono
ancora un ricco patrimonio di risorse consegnate dalla
tradizione, tra cui certe istituzioni a elevato tasso di ecclesialità. Esse
rappresentano talenti dei cui frutti si potranno avvalere – come
già nel passato recente – non solo la società italiana e la Chiesa che
è in Italia, ma anche la Chiesa universale e la società europea.Tale
eredità postula la responsabilità di un’azione coerente e coraggiosa,
poiché, ricorda il prof. Diotallevi, «non c’è altro mezzo per far fruttare
i talenti che trafficarli, non c’è mezzo per cogliere le opportunità
che affrontare i rischi che pure le accompagnano».
Affrontiamo con questo agile e provocatorio articolo di don Raffaele
Gobbi, già responsabile della Pastorale giovanile della diocesi di
Padova e ora parroco, un delicato tema educativo. In questi anni l’accesso
degli adolescenti a informazioni ed esperienze sessuali precoci
rispetto alla propria maturazione emotiva, unita a una crescente
diffusione dell’ideologia di gender, rende le nuove generazioni particolarmente
fragili e incerte nell’accedere a un vissuto profondo e
adulto della sessualità. Si tratta di un aspetto fra i più preoccupanti
dell’‘emergenza educativa’ che chiede alla comunità cristiana di rinnovare
il proprio approccio con modalità più franche e dirette, che
sappiano interagire efficacemente con i giovani mostrando il senso
esistenziale di un’interpretazione della corporeità aperta in senso
vocazionale verso un ‘oltre’ se stessa.