L’intervento di mons. Franco Giulio Brambilla, vicario per la cultura
e l’ecumenismo della Diocesi di Milano e preside della Facoltà teologica
di Milano, fa il punto sulla direzione assunta dalla pastorale in
Italia a cinque anni dal convegno di Verona, proponendo un’interessante
lettura che ne storicizza il cammino a partire dalla precedente
impostazione fondata sullo schema dei tria munera.Tuttavia la riflessione
è decisamente rivolta al presente cercando di motivare le
ragioni e le prospettive del profondo mutamento richiesto dalla
strutturazione della pastorale per ‘ambiti’. Ai pastori infatti non è
chiesto semplicemente di sostituire il precedente schema ecclesiologico
con una generica attenzione antropologica, bensì di pensare
la propria azione come destinata all’unità della persona e alla ‘figura
della vita buona’ a cui vuole educare. Ciò richiede una decisa revisione
nella progettazione pastorale: «In concreto, occorre invertire
coraggiosamente la logica della parcellazione di uffici e strumenti,
ma prima ancora delle iniziative e delle riflessioni, superare la pratica
di settori pastorali che si pensano come ambiti di vita totalizzanti,
dove tutti fanno tutto, senza mai intercettare le altre dimensioni
della pastorale. Questa è la grande correzione (e conversione!) che
una pastorale con “attenzione antropologica” deve favorire».
Dopo aver presentato alcune difficoltà inerenti alla riflessione sul
rapporto tra bellezza e liturgia, il priore della Comunità monastica
di Bose sviluppa la sua meditazione a partire dalla constatazione che
la bellezza resta un enigma. Il discernimento della bellezza epifanica,
rivelativa di Dio e della sua azione, richiede da parte dell’uomo un’educazione
dell’intelligenza del cuore, un lungo e faticoso cammino
ascetico: richiede, in una parola, la trasfigurazione dei sensi umani.
Ciò vale in modo particolare per la liturgia, opus Dei, la cui bellezza
si manifesta agli occhi della fede e si sperimenta con i sensi spirituali.
La bellezza della liturgia va misurata sulla capacità che essa ha di far
apparire l’azione del Signore, di fare segno alla presenza efficace di
Cristo risorto. In quest’ottica, occorre avere una precisa consapevolezza:
è l’arte che deve essere a servizio della liturgia, non viceversa.
Servono dunque vigilanza e discernimento: la banalità, la sciatteria,
la mancanza di qualità, tutto questo minaccia l’azione liturgica
quanto un’arte troppo segnata da improvvisazione, una pretesa bellezza
alla quale la liturgia serva come contesto in cui esprimersi.Tutto
ciò che è opus hominis deve entrare nella liturgia solo se ha le
qualità per essere al suo servizio.
Lo scorso 4 marzo sono stati pubblicati i Lineamenta in preparazione
al prossimo Sinodo dei Vescovi che si terrà nell’ottobre 2012
sul tema della ‘nuova evangelizzazione’. Sul significato di questa
espressione pare opportuno avviare un approfondimento, anche
per sottrarla ad un uso generico. ll prof. Gilles Routhier, docente alla
Facoltà di teologia dell’Università Laval, Québec, in questo suo
documentato studio intende precisare quale progetto e quale programma
siano presupposti nella categoria di ‘nuova evangelizzazione’.
Operazione possibile anzitutto riprendendo il ricco insegnamento
di Giovanni Paolo II, che ha coniato l’espressione e ne ha
approfondito il significato in relazione all’insegnamento del Vaticano
II, con la sua sistematica attenzione ai destinatari dell’annuncio
e al loro contesto. Perciò l’Autore può affermare che è proprio
«questa visione del Concilio Vaticano II come annuncio del Vangelo
in una forma adattata alla nostra epoca a essere a fondamento della
nuova evangelizzazione». Conseguentemente: «Prendere il Concilio
Vaticano II come criterio di orientamento della nuova evangelizzazione
vorrà dire riappropriarsi di tale prospettiva e metterla in
pratica oggi».
Inizia qui la pubblicazione dell’approfondito studio di don Ugo Lorenzi
(sacerdote della diocesi di Milano e docente di Teologia pastorale
presso la locale Facoltà teologica), che propone uno sguardo
d’insieme sulla riforma dei percorsi di iniziazione cristiana (IC)
dei ragazzi. Il rilevante spazio concesso al tema (lo studio verrà pubblicato
in tre parti) è ampiamente giustificato dal carattere fondante
che questo processo ha nella trasmissione della fede cristiana e
dei linguaggi della Chiesa. Questa prima parte presenta i motivi della
riforma dell’IC, ne descrive la logica interna e si sofferma sull’opportunità
di introdurre la celebrazione unitaria dei sacramenti, scelta
che ha sollevato perplessità tra gli operatori pastorali. L’Autore
non nasconde la propria opinione critica esaminando accuratamente
l’impianto catecumenale dell’IC ed esponendo pregi e limiti della
celebrazione congiunta di eucaristia e cresima in due diverse età dei
ragazzi. In un secondo intervento l’autore svilupperà una rilettura
del processo storico di scorporo della celebrazione dei sacramenti
che fornirà degli elementi per interrogare la teologia dell’IC implicata
nell’attuale progetto di riforma. Concluderà l’itinerario la proposta
di criteri e attenzioni, concernenti soprattutto la produzione
di strumenti catechistici, a sostegno di una proficua fruizione della
riforma dell’IC.
Com’è nato l’universo? Che senso ha il mondo? Quale il suo destino?
Sono le domande ricorrenti dell’uomo di fronte al mistero della
creazione. Questi interrogativi hanno fatto da sfondo al convegno In
principio. Origine e inizio dell’universo, tenutosi lo scorso aprile presso
l’Università Cattolica di Milano, dove ha preso la parola con l’intervento
che qui riportiamo mons.Ambrogio Spreafico, vescovo di Frosinone-
Veroli-Ferentino e noto biblista. La sua riflessione mette a
fuoco il significato di interpellazione che la creazione ha nei confronti
dell’uomo. Chiamato a vivere in un ‘capolavoro imperfetto’ a motivo
della sua stessa condizione di peccato, l’uomo viene sollecitato a una
collaborazione dinamica con l’intenzione del Creatore. Infatti, come
insegna il racconto del diluvio, il peccato può innescare processi esattamente
opposti alla creazione, il cui ordine fondativo viene distrutto
proprio a causa del rimescolarsi di elementi prima separati dal sapiente
ordinamento divino: «La violenza umana ha provocato un
ritorno del cosmo al caos primordiale. Disordine etico e disordine
cosmico non sono infatti separabili. Il primo incide irreparabilmente
sul secondo».