Spesso si ha l’impressione che l’epoca delle ‘grandi Chiese’ storiche,
cioè dell’istituzione ecclesiastica, non solo cattolica, così come l’abbiamo
conosciuta sino a poco tempo fa, stia per tramontare a favore
di una religiosità entusiasta, come quella dei cristianesimi di conversione,
o di una ricerca spirituale strutturata in chiave tutta individuale.
Il contributo di p. Grieu (gesuita, docente al Centre Sèvres
di Parigi) mostra i «tesori» di cui si è fatta portatrice fino ad oggi la
forma della grande Chiesa, capace di dare durata, universalità e concretezza
alla testimonianza del Vangelo. Essa ha ancora un futuro, a
condizione che sia capace di quel rinnovamento che nei secoli è
stato all’origine della sua vitalità: di tale rinnovamento l’articolo suggerisce
efficacemente anima e aspetti qualificanti.
Don Saverio Xeres (docente di Storia del cristianesimo alla Facoltà
teologica di Milano) offre in queste pagine un ritratto sintetico dell’apostolo
Paolo, la cui figura è ricostruita in rapporto alla grazia,
principio architettonico della sua vita e predicazione. Questo è il
motivo dominante del suo ‘Vangelo’. Il dono gratuito della salvezza
in Gesù, che Paolo con tanto puntigliosa e intransigente cura ha
annunciato, ha da essere al centro anche della vita del credente,
della Chiesa e dell’umanità tutta. Questa novità del Vangelo va difesa
e promossa anche nel nostro tempo, al pari dell’epoca di Paolo,
dalla tentazione di ridurla a schemi già noti, comodi e apparentemente
più efficaci: in questo senso il messaggio di Paolo costituisce
il perenne monito a riconoscere la freschezza del Vangelo e la sua
libera vitalità.
Il caso Galileo è stato a lungo considerato, soprattutto dalla polemica
illuministica, l’emblema dell’inimicizia tra la teologia e la scienza.
Se è indubitabile che il S. Uffizio condannò nel 1633 le tesi di
Galileo, tuttavia l’ostracismo da parte ecclesiastica non durò oltre il
XVIII secolo, fino a essere definitivamente superato con il Vaticano II
e il magistero di Giovanni Paolo II. Don Gianni Colzani (docente alla
Pontificia Università Urbaniana di Roma) in questo articolo ricostruisce
sinteticamente il caso e mostra tra l’altro come Galileo
avesse correttamente impostato il rapporto tra teologia e scienza,
considerando «il cosmo come un libro. La Scrittura e la natura sono
due libri che risalgono a Dio e, di conseguenza, le verità dei due libri
non possono contraddirsi senza porre in contraddizione il loro
unico autore». Quindi nei due diversi modi di avvicinarsi alla medesima
verità stanno la legittima autonomia e la relazione tra teologia
e scienza. Tuttavia, oggi il problema è piuttosto quello di mettere in
discussione una visione del sapere che lo riduce alla sola concezione
matematico-scientifica.
Vedere Dio è il desiderio più grande dell’uomo religioso, anche nella
tradizione ebraico-cristiana. La Bibbia però mette in guardia da tale
tendenza, per evitare il rischio dell’idolatria e del rapporto confusivo
tra Dio e la sua creatura. Sta qui la radice del divieto delle immagini.
Alle categorie del vedere e dell’immagine la Scrittura preferisce
quelle dell’ascolto e della parola. L’articolo si conclude con una
riflessione su Gesù Cristo ‘icona del Dio invisibile’. Ma anche qui la
Scrittura mostra la sua originalità: di Gesù i vangeli non riportano il
minimo cenno quanto alle sembianze fisiche. Ciò che conta non è la
sua figura, ma l’amore che rivela.
Le pagine che seguono nascono dall’invito rivolto ad alcuni sacerdoti di
raccontare come un testo, biblico o della tradizione cristiana, abbia
influito sulla loro vita personale e ministeriale. Dopo l’intervento di don
Alberto Carrara (n. 10/2008) ospitiamo qui l’intervento di don Bruno
Ripamonti, parroco della diocesi di Milano. L’Autore racconta come un
brano dell’Antico Testamento – Dt 6 – sia alla base di una feconda intuizione
teologica: la prima comunione come ‘prima pasqua’. Tale intuizione
ha fondato un ricco percorso catechetico e liturgico che ha saputo
rivitalizzare l’itinerario dell’iniziazione cristiana. Le riflessioni che seguono
sono offerte in spirito di fraterna condivisione e come forma di
testimonianza della potenza vivificatrice della parola biblica.