Pubblichiamo volentieri la relazione che Andreas Tapken, presbitero
della diocesi di Münster e rettore del Seminario diocesano, ha tenuto
il mese di giugno dello scorso anno ai collaboratori pastorali della sua
Chiesa sul tema degli abusi sui minori. Scopo della sua relazione è fornire
gli strumenti per una interpretazione del problema che superi gli
scogli delle emozioni e giunga, attraverso una sua assunzione, a una
lettura spirituale del momento che la Chiesa sta vivendo. Perché tornare
oggi su questo tema in Italia? Per evitare, come ci suggerisce il
relatore, che scatti anche in noi una rimozione: lasciare che il clamore
mediatico si spenga, per dimenticare il problema, senza sfruttare
l’occasione perché un simile trauma aiuti nel cammino di purificazione
che la Chiesa è chiamata a vivere in ogni epoca della storia. «Siamo
venuti a conoscenza di abusi contro i minori commessi da sacerdoti,
che stravolgono il Sacramento nel suo contrario: sotto il manto
del sacro feriscono profondamente la persona umana nella sua infanzia
e le recano un danno per tutta la vita – ha detto Papa Benedetto
XVI nel suo discorso di auguri natalizi alla Curia romana –. Siamo consapevoli
della particolare gravità di questo peccato commesso da sacerdoti
e della nostra corrispondente responsabilità». C’è da esser
grati all’Autore perché, oltre alla lettura competente e profonda della
problematica, offre anche il racconto del modo in cui una Chiesa
locale si è lasciata interrogare da questo grave fenomeno.
Incontrare l’altro apre al dialogo, induce a interrogarsi su di sé e, decentrandosi,
obbliga ad andare più lontano. La riflessione di padre
Étienne Grieu S.J., docente di Teologia dogmatica e pastorale al Centre
Sévres di Parigi, riguarda le Chiese protestanti evangeliche che si
diffondono rapidamente in questi anni soprattutto nel sud del mondo,
e che ancora conosciamo poco; al tempo stesso invita a riconsiderare
le consuete modalità di evangelizzare nel contesto delle società
occidentali e delle nostre tradizioni di Chiesa storica. L’analisi
permette di affrontare alcune questioni di fondo: da dove viene la
capacità di attrazione delle nuove Chiese? Perché si diventa cristiani
evangelici? È necessario contrapporre rigidamente le forme del
‘cristianesimo di conversione’ e quelle del nostro ‘cristianesimo attestatario’
tradizionale? Quale sarà l’avvenire delle Chiese ‘storiche’
rispetto a questi movimenti «itineranti dello spirituale»?
Luogo tradizionale e privilegiato dell’educazione cristiana, l’oratorio
vive una stagione che, pur non esaltante, lo vede fra le istituzioni
educative che ancora intercettano un significativo numero di bambini
e adolescenti.Tuttavia le recenti trasformazioni che hanno modificato
la fisionomia delle figure giovanili e il loro stesso approccio
alla vita richiedono un coraggioso sforzo di ripensamento delle consuete
modalità della sua strutturazione. Don Ugo Lorenzi, sacerdote
della diocesi di Milano e docente di Teologia pastorale presso la
Facoltà teologica milanese, propone un’ampia riflessione sul senso
generale del fare oratorio oggi. Prendendo le mosse da un’analisi
delle nuove forme del vissuto degli adolescenti, ne valorizza i mutamenti,
cogliendoli come una nuova chance educativa, e suggerisce alcune
indicazioni – appropriate all’originale identità dell’oratorio –
per comprendere il lavoro pastorale con gli adolescenti. Si tratta
della proposta di un «esercizio dello sguardo» capace di riconoscere
i modi con i quali l’oratorio può ancora oggi mantenere la sua
ispirazione originale: riconoscere «la priorità a un vissuto: né a un
pensiero immediatamente catechistico, né a un vissuto già interpretato
secondo criteri previamente fissati. Anche accettando di farsi
rimproverare di essere generalista e stemperato, l’oratorio continua
a voler proporre qualcosa che sia realmente per tutti».
Il linguaggio ecclesiastico fa sovente riferimento al termine ‘Vangelo’
per indicare il nucleo dell’annuncio cristiano. Come capita spesso ai
termini di largo uso, è utile di tanto in tanto andare alle radici del
loro significato in modo da farne risaltare la singolare ricchezza. È
quanto si propone in questo studio don Guido Benzi, sacerdote della
diocesi di Rimini, biblista e direttore dell’Ufficio Catechistico Nazionale,
riprendendo i significati di ‘Vangelo’ in Isaia, nei sinottici e
nelle lettere paoline.Appare così la complessa sfaccettatura del termine,
irriducibile all’indicazione di un mero contenuto (e ‘contenitore’)
di una narrazione, ma indicatore di una dinamica e salvifica. La
sottolineatura della dimensione della forza trasformante (e performante)
del Vangelo permette così di recuperare insieme la profondità
biblica del termine e aiutare a comprendere meglio quanto i testi
magisteriali intendono proporre evocandolo.
Dopo l’ampia riflessione di p. Francesco Occhetta sul rapporto fra cattolici
e democrazia in Italia (cfr. La Rivista del Clero Italiano n. 12/2010,
pp. 838-850), torniamo sul tema sociopolitico con uno sguardo più direttamente
pastorale. La nota di don Walter Magnoni, responsabile
delle scuole di formazione socio-politica della diocesi di Milano, della
quale è presbitero, intende presentare l’esperienza della scuola di formazione
Date a Cesare quel che è di Cesare, proposta in questi anni dalla
diocesi ambrosiana ai giovani dai 18 ai 35 anni.Viene qui descritto un
concreto modello formativo, attraverso il quale una Chiesa locale cerca
di reagire alla perdurante e lamentata crisi di attenzione per il bene
comune, soprattutto da parte delle nuove generazioni. Sui capisaldi di
un confronto personale col Vangelo e di una salda conoscenza della
Dottrina Sociale della Chiesa, il percorso propone anzitutto un itinerario
di formazione della coscienza a partire da presupposto che, se le
competenze sono importanti, la cura dell’interiorità è una qualità indispensabile:
«Onestà, trasparenza, competenza, imparzialità di giudizio e
ricerca reale del bene comune sono qualità che non s’improvvisano e
che i cammini delle scuole di formazione cercano di suscitare, consapevoli
che si tratta di un semplice aiuto alle libere scelte che poi gli impegnati
in politica saranno chiamati a compiere».