Farsi prossimo è il titolo di uno dei più noti e incisivi piani pastorali del
card. C.M. Martini, i cui effetti sono ancor oggi vivi nella diocesi milanese.
Luciano Manicardi, monaco di Bose, ne rilegge il messaggio di
fondo, prendendolo a spunto per un approfondimento del tema della
carità nella situazione attuale. Oggi infatti è sempre più chiaro che
«la questione del prossimo è la questione dell’umano» e che, di fronte
all’inumano che si manifesta in mille forme, la carità vuole anzitutto
custodire la dignità di ogni singolo uomo. Si tratta di una convinzione
che la Bibbia conosce da sempre e che rilancia alla coscienza
credente impegnandola a riconoscere e a ‘vedere’ le tante situazioni
nelle quali la dignità dell’uomo è vilipesa, umiliata, costretta alla vergogna.
Prossimità è infatti disponibilità a farsi vicino, a muoversi da
dove si è, è un’azione, non uno stato. Ricordava il card. Martini nella
sua lettera: «Il prossimo non esiste già. Prossimo si diventa. Prossimo
non è colui che ha già con me dei rapporti di sangue, di razza, di affari,
di affinità psicologica. Prossimo divento io stesso nell’atto in cui,
davanti a un uomo, anche davanti al forestiero e al nemico, decido di
fare un passo che mi avvicina, mi approssima».
Le gravi difficoltà che le nostre società europee stanno attraversando
e gli sconvolgimenti sociali, economici e culturali loro connessi generano
paura anche all’interno delle comunità cristiane, che vengono
così sospinte a vivere la fede su un piano prevalentemente privato e
individualista. Di riflesso il cristianesimo corre il rischio di sottostimare
le sue risorse di senso e assumere il profilo di una religione devozionale,
oggi peraltro gradito rifugio di un crescente numero di cristiani.
Alphonse Borras, professore all’Università Cattolica di Lovanio,
ritiene invece che si possa parlare di cattolicesimo e, più concretamente,
della parrocchia come «luogo di speranza», dove possono trovare
vita istanze alternative rispetto alla cultura diffusa. La sua riflessione
è un invito a guardare in faccia alle difficoltà delle nostre
comunità e a pensare con coraggio ad atteggiamenti evangelici e a uno
stile di vita ecclesiale che siano portatori di speranza, non soltanto
per i nostri contemporanei ma anche e soprattutto per gli stessi credenti.
Le parrocchie sono chiamate a compiere un vero e proprio
cammino di libertà che le porti a superare l’affanno per il domani: «La
parrocchia potrà dunque diventare “luogo di speranza” solo se si
preoccupa non di perpetuarsi ma di attestare il Vangelo».
Le parole di Paolo alla comunità di Tessalonica offrono preziosi spunti
per riflettere sulle dinamiche educative legate all’evangelizzazione.
Questa volta è la parte iniziale del secondo capitolo della Prima lettera
a illuminare il profilo soggettivo dell’azione dell’evangelizzatore/
educatore. Don Guido Benzi, sacerdote della diocesi di Rimini, biblista
e direttore dell’Ufficio Catechistico Nazionale, prosegue così la
sua riflessione (si vedano i suoi precedenti interventi sui fascicoli 1 e
6 della presente annata) mostrando come la capacità missionaria di
Paolo sia inscindibilmente legata alle sue qualità e risorse personali:
saper prendere le distanze dai propri schemi mentali; coraggio, libertà
e franchezza nel parlare; resistenza nei conflitti e disponibilità all’azione
di Dio; capacità di giocarsi pienamente nelle relazioni sapendo
usare una pluralità di codici al fine di prendersi cura di ciascuno dei
membri della propria comunità. In particolare, l’impiego paolino del
codice materno suggerisce che l’evangelizzatore non può non condividere
lo stesso amore di Dio, «il suo stesso desiderio di donarsi totalmente
come una madre, per potere salvare tutti, per poter tutti far
giungere a quella pienezza, fino all’estremo, fino a dare la vita».
Pubblichiamo qui il capitolo che p. Michael Paul Gallagher (gesuita irlandese,
docente di Teologia fondamentale alla Pontificia Università
Gregoriana di Roma) dedica al grande teologo svizzero Hans Urs
von Balthasar nel suo libro Mappe della fede, appena pubblicato da
Vita e Pensiero. L’idea del volume è quella di offrire attraverso il
pensiero di dieci grandi pensatori cristiani (Newman, Blondel, Rahner,
Lonergan, O’Connor, Soelle, Taylor, Sequeri e Benedetto XVI)
una riflessione che parli la lingua dell’uomo contemporaneo e ne
tocchi il cuore. Dieci autori che, ciascuno con le sue sottolineature
specifiche, hanno assunto la sfida della modernità e della postmodernità,
rispondendole nell’orizzonte dell’umano, aiutando a riappropriarsi
di quel desiderio di senso che i modi comuni di vita oggi
tendono a spegnere.
In vista del VII Incontro Mondiale delle Famiglie, convocato a Milano
nei giorni dal 30 maggio al 3 giugno 2012, don Aristide Fumagalli,
docente di Teologia morale nel Seminario Arcivescovile di Milano,
propone le coordinate culturali ed evangeliche in cui
comprenderne il significato. Il suo contributo appare quanto mai
opportuno per accostare il testo delle 10 Catechesi preparatorie,
anima del più ampio «cammino verso ‘Milano 2012’», raccomandato
da Benedetto XVI quale condizione per dare consistenza all’evento,
prima e oltre le cinque giornate della sua celebrazione. Il
senso dell’evento, sottolinea don Fumagalli, «è l’effettivo incontro
delle famiglie con la parola del Signore. Subissata com’è dalle parole
che si spendono a riguardo per diagnosticarne la crisi, decretarne
il superamento, imputarle responsabilità, la famiglia attende una
buona notizia che, sfuggendo all’alternativa dell’idealismo e del disfattismo,
le indichi la speranza possibile».