Il prossimo settembre si celebrerà ad Ancona il XXV Congresso Eucaristico
Nazionale. La prospettiva di questo importante evento offre
l’occasione per rivisitare e approfondire la ricca teologia del sacramento
centrale del cristianesimo. In questa linea don Luca
Bressan, docente di Teologia pastorale presso la Facoltà teologica
dell’Italia Settentrionale, affronta il delicato rapporto fra eucaristia e
vita quotidiana, tema ampio e talvolta soggetto a risonanze solo retoriche.
La riflessione si sviluppa in riferimento costante alla categoria
teologica di testimonianza: essa rappresenta infatti sia l’ambito
proprio nel quale si colloca il farsi vita quotidiana dell’eucaristia sia
la regola che disciplina la relazione e indirizza la vita di fede. Il nesso
eucaristia-testimonianza ha infatti il suo motore nel discernimento,
come ben sottolinea la Lettera ai Romani, che invita i credenti
a intendere la celebrazione eucaristica quale «principio
dinamico, luogo nel quale apprendiamo a ragionare in modo diverso
sul reale: a leggerlo in modo diverso, a decodificarlo a partire dalla
sua prospettiva».
Nel 2011 ricorrerà il trentesimo anniversario della Esortazione apostolica
Familiaris consortio, pietra miliare della pastorale familiare del
postconcilio. Siamo pertanto lieti di aprire le riflessioni sull’importante
documento con un intervento di grande autorevolezza: si tratta
della prolusione tenuta dal card. Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di
Milano, in occasione della recente inaugurazione dell’Anno Accademico
2010-2011 del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per gli Studi
su Matrimonio e Famiglia. Il discorso inquadra la novità della Familiaris
consortio nel magistero recente su matrimonio e famiglia, facendone
risaltare il carattere innovativo, segnato dalla proposta di un’azione
pastorale basata sull’accompagnamento della vocazione familiare e
non più su un progetto di carattere intellettualistico. La concentrazione
sulla formazione delle persone, la convinzione del reciproco rimando
fra famiglia e Chiesa, l’intuizione che il linguaggio dell’amore
familiare, spesso emarginato dalle scienze sociali, è in realtà essenziale
per comprendere i rapporti tra la famiglia e la società umana, rappresentano
i punti di forza della rilettura del compito della famiglia
nella Chiesa e nella società. In questo modo, valorizzando «la dimensione
sociale perché profondamente umana dell’amore familiare, si
può dire che Familiaris consortio anticipa i tratti essenziali della Nuova
Evangelizzazione, finalizzata proprio al costituirsi di una nuova cultura,
la “cultura della vita”».
L’attuale stagione politica in Italia non ha bisogno di particolari commenti:
è sotto gli occhi di tutti. Al di là della disamina delle molteplici
ragioni che spiegano questa situazione, è urgente per la comunità
cristiana, istruita dall’insegnamento magisteriale, formulare un giudizio
sul presente e interrogarsi sul futuro della cosa pubblica. Ci aiuta
in questo delicato compito p. Francesco Occhetta S.J., redattore
della «Civiltà Cattolica». Sullo sfondo di una severa analisi dell’odierna
congiuntura, p. Occhetta riconosce nell’idea di ‘democrazia sostanziale’
il contributo principale che la comunità cristiana può offrire
alla ripresa di una visione della politica che oggi sembra oscillare
fra un’asettica interpretazione procedurale e una deriva carismatica.
Non si tratta di percorsi inediti, in quanto il cattolicesimo italiano
può rivisitare la stagione costituente, e lì trovare un metodo di azione
politica che sappia rivitalizzare il senso della democrazia, pur nella
consapevolezza che in «questo nuovo clima storico, composto da
culture politiche molto più eterogenee rispetto a quelle della Costituente,
lo specifico lavoro politico dei cattolici esige il perseguimento
di una prassi tesa non al conflitto, ma alla riconciliazione delle parti
per ricercare ciò che unisce prima di ciò che divide».
L’esperienza del soffrire è da sempre interrogativo e scandalo in
rapporto al connaturato desiderio umano di una vita piena e sensata.
Anche nell’attuale epoca dell’apparente rimozione e della privatizzazione
del dolore la questione non ha perso la sua forza. Il Convegno
Passio Christi Passio hominis, tenutosi a Torino nella scorsa
primavera in occasione dell’ostensione della s. Sindone, ha offerto al
prof. Francesco Botturi, docente di Filosofia morale all’Università
Cattolica del Sacro Cuore di Milano, l’opportunità di riprendere i
termini fondamentali dell’interpretazione cristiana della sofferenza,
aggregandoli a risposta della domanda se sia ancora possibile «un
umanesimo della sofferenza». Nel quadro di un’etica della compassione,
premessa a un’etica della cura che relativizza l’approccio tecnico
alla sofferenza, si apre una comprensione del patire quale memoria
dell’incompiutezza del desiderio, e quindi la possibilità di una
sua lettura religiosa: «Lo straordinario del cristianesimo, a ben pensarci,
non è che Dio si prenda cura dell’uomo e provveda alla sua felicità,
ma che la prova della sofferenza – ciò da cui abbiamo da essere
salvati – divenga parte del cammino alla felicità».
Corporeità, sessualità, relazione sono categorie antropologiche la
cui interpretazione è decisiva per la qualità della vita cristiana. Nel
contempo evocano un plesso di temi sui quali la catechesi e la pastorale
correnti faticano a trovare un linguaggio che sappia essere
convincente, denso di significato e insieme apprezzabile dalle nuove
generazioni. Il bel saggio di lettura di Cantico, qui proposto dalla giovane
biblista sr. Benedetta Rossi MDM, conferma come una sapiente
e calibrata lettura della Parola sappia fornire le risorse categoriali
e comunicative per proporre oggi il senso credente delle
esperienze umane più difficili da presentare, in una cultura che rifugge
con decisione l’astrazione delle argomentazioni solo intellettuali,
tipiche delle catechesi tradizionali. Leggere il tema della corporeità
nel Cantico dei Cantici si mostra così via semplice e
affascinante per cogliere il senso profondo dell’esperienza d’amore,
dell’ordine degli affetti e dell’etica della relazione che essa implica.