Si celebra quest’anno l’ottavo centenario della composizione del Cantico delle creature di S. Francesco. Teresa Bartolomei, docente e ricercatrice presso la facoltà di Teologia dell’Università Cattolica di Lisbona, propone in questo brillante studio una presentazione del suo straordinario significato culturale, evangelico ed ecclesiale: offrire un testo comprensibile anche ai poveri, esclusi dal latino come unica via d’accesso alla Parola, rappresenta una straordinaria innovazione. Col Cantico, evangelicamente, Francesco «insegna ai suoi confratelli, a tutti i credenti, a rimettere in libertà il nome di Dio, a renderlo un nome pronunciabile». Lo fa con un’operazione che è ‘artistica’ e teologicamente densissima, Francesco vede la bellezza non come «una qualità estetica dell’ente ma manifestazione della sua forma relazionale con Dio, in cui esso è riconosciuto come creatura generata dal Creatore attraverso la quale Egli dona e trasmette il proprio amore a tutto il creato, allora anche quello che appare in sé negativo, intrinsecamente repulsivo, può essere accolto in una forma di relazione che lo illumina di bellezza nel manifestarne la potenza di fraternità, e lo rende degno di lode».
La ridefinizione dei territori parrocchiali in ‘unità pastorali’ è un dato consolidato in moltissime diocesi, italiane e non. A imporla è una trasformazione radicale del tessuto umano, sociale e spirituale, con chiare conseguenze sulla tenuta e la fecondità delle istituzioni ecclesiastiche. Evidentemente entra in questa partita anche la vicenda dei preti, con i loro nuovi incarichi pastorali, la rarefazione delle loro forze e le conseguenti preoccupazioni sul futuro dei presbitèri, e comporta alcune serie trasformazioni, certo legate alla prassi, ma indubbiamente incidenti sulla sostanza del ministero ordinato. Don Paolo Arienti, presbitero della diocesi di Cremona e parroco, analizza tali mutamenti almeno a partire da tre livelli: la nuova immagine del ‘noi’ della presidenza, la sua connessione con le altre ministerialità, il nuovo rapporto anche affettivo con il territorio ecclesiale. Cambiamenti dunque che rappresentano una chance – oltre che una necessità –, che richiede un pensiero libero e reclama, in seno alle diocesi, un cammino di formazione specifi co, serio e il più possibile coerente.
Il prossimo 5 novembre si terranno le elezioni presidenziali negli Stati Uniti d’America, evento che si prefigura fra i più importanti di questo straordinario ‘anno elettorale’ che vedrà recarsi alle urne oltre 2 miliardi di persone. Il voto USA presenta numerosi tratti di interesse, prefigurandosi decisivo non solo per il futuro politico dell’Unione e dell’identità americana, ma anche per le sue ripercussioni sugli scenari degli equilibri globali. In questo documentato saggio il professor Massimo Faggioli, docente nel dipartimento di Teologia e scienze religiose dell’Università di Villanova (Filadelfia, Pennsylvania), offre una puntuale disamina del ruolo delle Chiese cristiane, in particolare di quella cattolica, in questa complessa fase dove la tradizionale forte influenza della religione si sta attenuando, e sembra riconfigurarsi secondo nuove logiche che modificano le scelte dei soggetti elettorali e il loro modo di rivolgersi ai partiti: «il cambiamento dell’autocoscienza e della narrazione che gli americani hanno di se stessi […] nutre la sensazione che il cristianesimo diventerà o è già una minoranza che ha bisogno di difendersi dai nemici, sia esterni che interni. Si tratta del passaggio da un asse tra religione e politica tipica dell’era di Reagan e Bush […] a una “religione politica” di tipo populista, nazionalista, isolazionista, che scarta l’universalismo per abbracciare una particolarità geografica e storica che comporta rapporti più deboli col mondo globale».
A partire dagli ultimi giorni di agosto e per gran parte del mese di settembre la liturgia feriale proporrà la lettura della prima lettera di Paolo ai Corinti, un testo dalla ricchissima teologia ecclesiale. Abbiamo chiesto a don Francesco Bianchini, presbitero dell’Arcidiocesi di Lucca, biblista e professore stabile di Esegesi del Nuovo Testamento alla Pontificia Università Urbaniana, di offrire una bibliografia ragionata delle recenti pubblicazioni in lingua italiana utile alla preparazione della predicazione. Il suo contributo presenta in modo sintetico le principali Introduzioni al testo paolino, i commentari e gli studi, concludendo con una interessante nota ermeneutica nella quale sottolinea come la lettura attenta di questa epistola possa fornire una chiave di interpretazione della nostra vita ecclesiale e dei suoi problemi, uno ‘strumento’ per fare discernimento e prendere decisioni adeguate al contesto attuale. Esso «rappresenta non solo un’ermeneutica del vangelo a contatto con le situazioni che nascono dalla comunità, ma anche un attento metodo pastorale che induce a un profondo discernimento delle situazioni ecclesiali prima di procedere a decisioni operative: un vero e proprio toccasana per i nostri contesti ecclesiali, spesso segnati da fretta e pressapochismo».
La vita umana è racchiusa fra due eventi indisponibili alla persona, il nascere e il morire. Come è noto, il pensiero del ‘900 si è occupato a fondo della morte e solo recentemente l’attenzione è stata riportata sul primo e fondante evento del venire al mondo. L’intervento di don Aristide Fumagalli, docente di Teologia morale presso il Seminario di Venegono e la Facoltà teologica di Milano, approfondisce il significato del nascere nella sua peculiarità di condizione umana permanente, che si realizza pienamente nel diventare figli. L’essere nato non si riduce al mero evento della nascita, ma è una dimensione strutturale della condizione umana, principio cardine antropologico ed etico: «L’esperienza del nascere in prima persona, del divenire se stessi, accade quando l’uomo è responsabile degli altri e di Dio, quando agisce rispondendo di se stesso nella relazione con gli altri, quando interagisce».
Negli ultimi cento anni, la figura del padre ha conosciuto un profondo processo di trasformazione che ha sottoposto a una critica radicale il suo ruolo e la sua funzione. È ancora possibile in questo tempo restituire un volto e un’autorevolezza alla paternità? La sua ‘evaporazione’ del resto ha riguardato anche le stesse figure della paternità religiosa ed ecclesiastica, compresa quella del Papa di Roma, icona collettiva di una paternità universale. La figura del Papa può così essere vista come uno dei sintomi più indicativi della trasformazione contemporanea del tema paterno. In questo contributo il professor Matteo Bergamaschi, docente presso la Pontificia Università Salesiana e la Facoltà teologica dell’Italia Settentrionale di Torino, offre un percorso di riflessione sulla complessità della figura paterna nell’epoca contemporanea sviluppandolo, con originale intuizione, tramite l’analisi di quattro icone – di ‘padri per eccellenza’, ovvero di quattro papi recentemente rappresentati in tre opere di fiction cinematografica. Lo studio non intende effettuare una ricostruzione storica del profilo di quattro reali pontefici, né svolgere un’analisi teologica, ecclesiologica o tantomeno politologica di quei pontifi cati; si serve piuttosto di tali ‘icone’, di tali ‘produzioni culturali’, per mettere a fuoco quattro ‘snodi’ della paternità nel contesto contemporaneo.