Distesa su un arco di tempo pluriennale, la XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei vescovi, è stata pensata da papa Francesco come un processo articolato, innovativo e aperto nei suoi esiti. Rappresenta quindi un esercizio quanto mai utile tentare, in forza della documentazione disponibile e a ‘cantiere aperto’, uno stato dell’avanzamento dei lavori, guardando all’esperienza e agli esiti della prima sessione 2023. Si fa carico di questo compito Christoph Theobald SJ, teologo di fama internazionale e docente presso il Centre Sèvres-Facoltà dei Gesuiti di Parigi, presente al Sinodo in qualità di esperto teologo. La sua disamina è fondata su un giudizio di netto apprezzamento dell’indiscutibile affermazione di una cultura sinodale promossa dalla recente sessione, nonché dell’ampiezza delle questioni affrontate la cui portata tematica colloca il processo sinodale al livello degli ultimi due concili della Chiesa cattolica. Theobald evidenzia tuttavia alcuni punti d’ombra sia nella trattazione dei temi poi rifluiti della Relazione di sintesi, sia nell’impostazione dei lavori che, segnatamente, ha visto la programmatica esclusione del contributo attivo da parte dei teologi. Considerata la mole e la natura sistemica delle questioni controverse segnalate dal documento finale, egli sostiene che senza un qualifi cato e aggiornato contributo della riflessione teologica il Sinodo manterrà le difficoltà già evidenziate «ad accedere a una presa di coscienza sufficientemente chiara riguardo la sua collocazione precisa nella storia della tradizione cristiana, dando a volte luogo a discorsi difensivi, addirittura incantatori, sulla presenza dello Spirito Santo». Il presente saggio comparirà in contemporanea sul n.1/2024 della prestigiosa rivista parigina «Recherches de sciences religieuses».
Si avvicina il centenario della nascita di Michel de Certeau, protagonista di una ricerca coraggiosa e profetica che non cessa di illuminare i complessi tornanti nei quali si trova il cattolicesimo attuale. Stella Morra, docente di Teologia fondamentale presso la Pontificia Università Gregoriana e attenta studiosa di de Certeau, propone uno studio sugli scritti che il gesuita francese ha dedicato al Vaticano II, sorprendentemente rari, come una «sottile voce di silenzio» che sembra l’eco di una posizione esistenziale e metodologica: «Per lui non si tratta di parlare del, ma in qualche modo dal Concilio Vaticano II, prendendo sul serio il carattere “incipitale” e metodico dell’evento, che rende possibile ciò che dopo verrà». Il saggio dialoga soprattutto con due articoli comparsi nel 1966 sulla rivista «Christus» che, a di là della diversità di oggetto, contengono sottotraccia l’appassionata ricerca di come sia possibile essere cristiani nelle attuali condizioni del mondo.
Ritorniamo sulla XVI sessione del Sinodo dei vescovi con questa precisa nota del prof. Massimo Faggioli, docente nel dipartimento di Teologia e studi religiosi dell’Università di Villanova (Filadelfia, Pennsylvania). Essa prova a marcare gli aspetti di originalità dell’attuale assise rispetto alle precedenti assemblee conciliari, dalle quali differisce notevolmente pur mantenendo chiare affinità col Vaticano II. La stessa concezione di sinodalità trova elementi di novità nella recente sessione, aprendo questioni inedite che chiedono di essere adeguatamente istruite, ma soprattutto permettendo di cogliere il significato storico dell’evento sinodale che rappresenta, nell’attuale contesto post-istituzionale, il modo col quale il Cattolicesimo sta cercando di trovare la via per continuare a rimanere unito: «Gli attuali sconvolgimenti della globalizzazione – dall’America all’Asia, con i focolai delle guerre in Ucraina e in Israele – riflettono le tensioni non solo tra religioni diverse, ma anche le polarizzazioni all’interno di una stessa tradizione religiosa. Questa pacifi cazione sinodale è essenziale per il servizio della Chiesa al Vangelo e all’unica famiglia umana».
«Non vedersi e non essere visti in ciò che si vive è indifferenza. È come sottrarsi allo sguardo su di sé e al riconoscimento di sé nella condizione dell’altro; come scostare lo sguardo, andando oltre senza riguardo per l’altro». Così il prof. Ivo Lizzola, docente di Pedagogia sociale e di Pedagogia della marginalità e della devianza presso l’Università degli Studi di Bergamo, tratteggia le due dimensioni dell’indifferenza che conducono in un unico movimento alla perdita di sé e allo smarrimento del gusto e dell’esperienza della vita in comune. Non serve dire altro nel presentare un testo oltremodo denso, carico di riferimenti culturali e provocazioni emotive, e che riprende temi tratti in una recente pubblicazione (In tempo d’esodo. Una pedagogia in cammino verso nuovi incontri intergenerazionali, Città Nuova, 2023); il suo incedere a tratti aforistico apre al lettore ampi squarci di profondità su di sé e sul contemporaneo sociale, insieme impietosi e aperti alla speranza di un umano che non si rassegna a destini evitanti. Una meditazione necessaria in questi tempi insidiati da una pervasiva cultura dell’indifferenza simbiotica a un io sempre più schermato.
Prendendo spunto da un’affermazione di Pastores dabo vobis sul carattere sacrificale dell’esistenza sacerdotale, don Franco Manzi, biblista e docente presso la Facoltà teologica di Milano, rilegge analiticamente il tema del sacrificio nella Lettera agli Ebrei, ponendo in risalto la singolare «cristologia sacerdotale» lì elaborata. Il saggio si propone di mostrare come le «guide» della Chiesa, in quanto sacerdoti, non solo siano tenute ad aiutare i fedeli nell’approfondire la relazione con Dio, ma che esse stesse sono chiamate a innalzare a Dio questo medesimo sacrificio.