Come noto, nel 2025 cadrà il 1700° anniversario del Concilio di Nicea, evento che introdusse un fatto del tutto nuovo nella storia del cristianesimo, l’elaborazione di un simbolo con valore universale, rispetto ai simboli già in uso nelle singole Chiese. Evento che non ha esaurito la sua portata significante e al quale la Rivista intende dedicare ampio spazio il prossimo anno. Introduce al tema il saggio di S.E. Franco Giulio Brambilla, vescovo di Novara, presidente della Commissione Episcopale per la Dottrina della fede, l’annuncio e la catechesi della CEI. Il contributo situa storicamente il significato del simbolo niceno fra ciò che lo precede – i simboli battesimali già elaborati – e la sua successiva rilettura ‘teologica’ operata dal simbolo Niceno-costantinopolitano, e quindi dal Concilio di Calcedonia. La puntuale ricognizione storica apre a un bilancio sull’attualità di Nicea – la capacità di custodire l’intenzionalità della fede – e la sua inattualità – lo strumento concettuale in cui è iscritta –, disegnando il compito teologico di pensare l’ontologia a partire dalla storia: «Oggi siamo in grado di dire che il senso di Nicea domanda con urgenza di indagare la “storia come rivelazione”, mettendo al centro la teologia dell’alleanza e le relazioni tra Dio e l’umanità».
Lo scorso 27 ottobre si sono chiusi i lavori della Seconda Sessione della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi «Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione, missione» le cui conclusioni, sintesi dell’intero processo sinodale, sono contenute nel Documento finale. Ora si apre la delicata e decisiva fase della recezione. Per favorirla, mons. Dario Vitali, docente di Ecclesiologia presso la Pontificia Università Gregoriana e consultore della Segreteria generale del Sinodo, propone una rilettura del testo finale. Essa viene costruita per contrappunto ai precedenti documenti sinodali al fine di individuare le sottolineature impresse dalla Seconda sessione nel proporre con più decisione la sinodalità «come dimensione costitutiva della Chiesa, rimasta in ombra per secoli a causa di un modello – quello piramidale». «Il Documento finale – conclude l’autore – si offre come una proposta coerente e compiuta sul tema assegnato alla XVI Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi», in esso il tema della partecipazione sembra imporsi come aspetto più decisivo per realizzare uno stile e una forma sinodale di Chiesa, e il guadagno maggiore del processo è sintetizzabile come «una recezione matura dell’ecclesiologia conciliare, che può fi nalmente superare un tempo di eccessive polarizzazioni».
Caricata da molte attese preventive, la questione della partecipazione delle donne alla vita della Chiesa è ora nel fuoco delle valutazioni dei lavori della recente Seconda Sessione sinodale. Sr. Linda Pocher, docente di Teologia sistematica presso la Pontificia Facoltà «Auxilium» di Roma, ha seguito da vicino il tema partecipando ai quattro incontri del Papa col C9, tenutisi fra il dicembre 2023 e il giugno 2024, dedicati alla presenza e al ruolo delle donne nella Chiesa. La sua nota confessa la sua appartenenza «alla cerchia dei moderatamente ottimisti e soddisfatti», collocando storicamente il percorso sinodale e la sua decisione di non chiudere la questione dell’ordinazione diaconale delle donne. La sua riflessione si spinge oltre la valutazione del n. 60 del Documento fi nale del Sinodo, sostenendo la necessità che la Chiesa proceda oltre un approccio idealizzante della figura femminile e verso una trasformazione della comprensione del ministero, della sua natura e dei suoi compiti.
«Molto della condizione attuale del mondo, e anche delle tensioni che attraversano il “corpo inquieto” della Chiesa cattolica, si capiscono di più se vengono lette alla luce delle conseguenze non governate della caduta del Muro di Berlino»: questo è fil rouge che percorre l’interessante e provocatoria analisi di Marcello Neri, docente di Teologia presso la sede milanese l’Università Cattolica. Lo stimolante studio articola in modo brillante una pluralità di riferimenti descrivendo gli effetti che l’evento dell’autunno del 1989 ancora induce nel panorama socio-politico e religioso globale, approfondendo infine i contorni dei principali passaggi critici che la Chiesa cattolica tedesca si è trovata ad affrontare in questi ultimi trentacinque anni.
Il compito pastorale si riferisce e si nutre, consapevolmente o meno, dei saperi di molte scienze umane. Anche su questo fronte è importante chiedersi se i modelli ai quali ci si ispira siano ancora adeguati ai tempi. Don Manuel Belli, insegnante di Teologia dei Sacramenti presso la Scuola di teologia del Seminario di Bergamo, propone in questo interessante intervento di ripensare l’approccio ai compiti pastorali alla luce di alcune intuizioni maturate in ambito pedagogico e scolastico. Questo ripensamento aiuterebbe a passare dalla centralità esclusiva dei contenuti, di cui è indice la parola ‘programmazione’, alla preoccupazione per i processi, che richiedono una capacità di ‘progettazione’. Il learning design — termine attinto dalla didattica scolastica — può essere utile a una nuova coscienza della creatività pastorale, più consapevole della necessità di una formazione più aperta, in cui si possa agire e non semplicemente subire, e nel quale tutti siano ingaggiati e attivati nell’apprendimento. Questo stile, che prevede partecipazione e logiche di interazione, implica anche un diverso ruolo del prete, stimolato a farsi più simile al ‘regista’ che al ‘protagonista unico’, e promette un’uscita da quella ripetitività pastorale che non libera alcuna energia, che logora le forze senza promuovere cambiamenti e nuove nascite.
Martedì 29 ottobre, per il ciclo di incontri organizzato dalle ACLI bergamasche Molte fedi sotto lo stesso cielo, il cardinale De Kesel, arcivescovo emerito di Malines-Bruxelles, ha presentato il suo ultimo libro Cristiani in un mondo che non lo è +, intervistato dal direttore della Rivista don Giuliano Zanchi. Jozef De Kesel è stato arcivescovo di Bruxelles fi no al 2023, dove ha svolto il suo compito di pastore della Chiesa in una porzione d’Europa tra quelle in cui i passaggi dell’epoca hanno forse lasciato le loro tracce più significative, più intense e anche più interpellanti, anticipando i cambiamenti che la Chiesa italiana si è trovata a vivere più recentemente. Per questo il colloquio porta su temi di grande interesse e attualità che il già il titolo del libro esplicita adeguatamente.