Il prossimo 13 maggio cadrà il centenario delle visioni della Madonna a Fatima. Il contributo di don Franco Manzi, biblista e membro della Pontificia Accademia Mariana Internazionale e dell’Associazione Mariologica Italiana, precisa con cura i contorni storico-teologici delle apparizioni e si sofferma ad approfondire il valore e il significato profetico delle visioni – in particolare dell’ultima – nel quadro dei loro riferimenti biblici ed ecclesiali. «Il messaggio della Madonna di Fatima – rileva don Manzi – allo stesso modo che le immagini di lei suscitate dallo Spirito nell’intimo dei profeti bambini, è frutto anche di una loro partecipazione attiva all’opera rivelatrice dello stesso Spirito. Ciò non toglie che tale messaggio, anche in quanto accompagnato da ripetuti miracoli, rinvii a una presenza attiva della Madonna, che, assunta in cielo, partecipa della stessa “potenza di vita indistruttibile” del Figlio suo (Eb 7,16)».
Mentre in molti Paesi europei si stanno celebrando con grande risalto il quinto centenario della Riforma protestante, in Italia l’eco della ricorrenza risulta modesta anche a motivo della scarsa presenza delle Chiese evangeliche sul suo territorio. Il rischio è quello di mancare la riflessione su un evento di grande portata storico-simbolica che ha lasciato profonde tracce anche nel mondo cattolico. Il prof. Fulvio Ferrario, teologo evangelico, professore ordinario di Teologia sistematica presso la Facoltà valdese di teologia di Roma, della quale è decano, presenta un quadro franco e lucido delle principali problematiche incontrate oggi dal protestantesimo europeo. L’analisi, che considera anche la situazione italiana, tralascia la rievocazione storiografica per concentrarsi sull’eredità spirituale della Riforma, cioè sul messaggio cristiano nella sua declinazione protestante. Le domande che solleva sono radicali e portano alla verifica di una vocazione specifica delle Chiese evangeliche e del senso di un «futuro della Riforma» in un’Europa sempre più areligiosa, toccando temi che riguardano più in generale il destino del cristianesimo europeo.
Lo scorso settembre il Consiglio delle conferenze episcopali europee (CCEE) ha organizzato a Sarajevo un incontro dedicato all’urgenza e all’attualità delle opere di misericordia nel nostro continente. Mons. Gianni Ambrosio, vescovo di Piacenza-Bobbio e membro della Direzione della Rivista, è intervenuto sul tema della misericordia come sfida politica, alla luce del magistero di papa Francesco e sullo sfondo dell’involuzione individualista della cultura occidentale postmoderna che tende a oscurare la realtà della societas. L’invito di papa Francesco a riconoscere e a far valere l’istanza della misericordia nell’agire politico è rivolto a tutti coloro che hanno a cuore il bene dell’umanità e che sono consapevoli della necessità di ritrovare, nel mondo multipolare, lo slancio di un nuovo umanesimo fertile e vitale. Esso risuona come appello a sviluppare tre ‘abilità’ – «la capacità di integrare, la capacità di dialogare e la capacità di generare» – considerate strategiche per avviare una nuova stagione politica.
Il racconto delle tentazioni di Gesù, collocato dai vangeli all’esordio della sua vita pubblica e proposto dalla liturgia all’inizio della Quaresima, ben si presta a revocare il senso della vita secondo lo Spirito. La lettura della pericope lucana qui svolta da Mariana Assaf (biblista di origine siriana, dottoranda al Pontificio Istituto Biblico di Roma) si pone in questa prospettiva valorizzando i processi di discernimento che il ‘Gesù orante’ mette in atto decidendo lo stile del suo essere Figlio. L’episodio delle tentazioni invita così ad andare oltre una visione devozionale della preghiera e a superare un approccio semplicemente ascetico al tema della prova per coglierne la decisiva serietà esistenziale. Il Tentatore infatti è molto subdolo e sottile, insinua una menzogna plausibile, anche dal punto di vista religioso, a proposito del desiderio di vita, del fascino del potere e dell’esercizio della responsabilità. La sua è un’insinuazione che arriva a rivestirsi delle parole stesse della Scrittura. La tentazione esige pertanto il ‘discernimento degli spiriti’, lo sceverare quale via intraprendere nel concreto della vita per essere fedeli a Dio.
Papa Francesco ha proposto alla Chiesa di ripensare la propria condizione e il proprio agire pastorale secondo l’immagine dinamica e centripeta indicata dal verbo ‘uscire’. Così facendo, ha innescato un movimento di transizione che, pur tradizionale nell’‘ecclesia semper reformanda’, nella delicata fase attuale si presenta accompagnato da inevitabili e peculiari incertezze. Don Alberto Carrara, parroco e già Delegato vescovile per la cultura e gli strumenti di comunicazione sociale della diocesi di Bergamo, dà voce ad alcuni interrogativi, semplici e radicati nella quotidiana esperienza pastorale, non attinenti quindi al merito della proposta ecclesiologica, ma al momento ‘applicativo’ immediatamente successivo: «Le parole che presentano quell’ideale evangelico, una volta arrivate nella mia parrocchia, chiedono di essere vissute. Non basta dire che bisogna uscire, ma bisogna uscire davvero».