Pubblichiamo qui la prolusione che mons. PierAngelo Sequeri, preside del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per Studi su Matrimonio e Famiglia, ha tenuto lo scorso novembre alla Facoltà teologica di Sicilia San Giovanni Evangelista di Palermo in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico 2016/2017. L’intervento sviluppa il tema del rapporto tra famiglia e Chiesa nel quadro del nuovo linguaggio magisteriale proposto da papa Francesco, cercando di esplicitare il risvolto metodologico che esso propone alla teologia. Nell’esortazione Amoris Laetitia – sostiene Sequeri – l’impiego sistematico del registro sapienziale e colloquiale ispirato alla predicazione evangelica di Gesù disegna la necessaria ricomposizione dell’antropologia teologica con l’esperienza del matrimonio cristiano, offrendo un paradigma virtuoso e reciprocamente generativo delle relazioni fra Chiesa e famiglia.
Il saggio di don Donato Pavone risulterà prezioso a quegli adulti che ancora, dentro e fuori la comunità cristiana, profondono energia e intelligenza nell’accompagnamento delle nuove generazioni verso la vita adulta. L’Autore, psicologo, insegnante di Psicologia e Antropologia filosofica presso lo Studio Teologico e l’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Treviso e Vittorio Veneto, ordina il filo conduttore delle proprie riflessioni attorno al tema della testimonianza educativa secondo la prospettiva della formazione integrale della persona umana. Questa prima parte dell’articolo propone considerazioni di carattere generale sugli atteggiamenti e le scelte che stanno alla base di qualsiasi agire pedagogico, in particolare sul profi lo testimoniale dell’educatore. Si tratta di un profilo esigente e umanamente ricco: «Un educatore è testimone se è in grado di garantire a chi gli è affidato la possibilità di crescere, maturare e vivere sotto il suo sguardo. In questo sguardo d’amore, che, in ultima analisi, permette all’altro di fare la scoperta e l’esperienza del senso (direzione e significato) della vita, trovano plasticamente e simbolicamente riverbero le molteplici dimensioni dell’agire pedagogico: dallo stupore all’accoglienza, dalla comprensione alla cura, dalla condivisione alla promozione, dall’orientamento alla correzione». Il prosieguo della riflessione, che comparirà sul prossimo numero della Rivista, si focalizzerà su tre ambiti nei quali educatori e insegnanti sono chiamati continuamente a operare: il pensiero, gli affetti e il vissuto spazio-temporale.
Fin dall’inizio del suo pontificato papa Francesco ha cercato di indicare alla Chiesa una via nuova per affrontare le sfide del nostro tempo: quella dell’eccedenza, dell’apertura generativa che esprime la miracolosa capacità, propria di chi ama, di «mettere al mondo un figlio o di rimettere al mondo le persone: riconoscendole, consentendo loro una seconda nascita, favorendo le condizioni per una vita dignitosa, perché le loro qualità possano fiorire». Chiara Giaccardi, docente di Sociologia dei processi culturali e comunicativi presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, dopo aver descritto la categoria della generatività, ne evidenzia il rilievo nel magistero di Francesco, sottolineando come non si tratti solo di una questione di antropologia cristiana. La capacità di uscire da sé, mettersi in relazione, fa infatti esistere qualcosa; prendersene cura rappresenta una via pratica in grado di rispondere creativamente alle domande del presente, in particolare quelle poste dalla crescente sterilità culturale dei Paesi cosiddetti avanzati.
Il pontificato di papa Francesco ha impresso un nuovo stile anche nell’approccio all’azione ecumenica. Pur non sottovalutando l’importanza del livello dottrinale del dialogo, il pontefice intende l’ecumenismo soprattutto come azione già disponibile, che inizia da un «fare insieme». In questa breve nota il prof. Gilles Routhier, docente alla Facoltà di teologia dell’Università Laval, Québec, riassume le tre linee ispiratrici dell’ecumenismo di Francesco (incontro, azione comune, martirio) descrivendone la maturazione e il radicamento nel ministero argentino di Bergoglio, che «non scopre le relazioni interreligiose quando diventa papa, come fosse un nuovo obbligo connesso alla sua funzione pontificale. […] Ha integrato il fatto che essere cattolico significa anche essere legato ad altri credenti».
In affettuosa e grata memoria di Paolo De Benedetti (1927-2016), docente emerito di Ebraismo e teologo del mondo animale, pubblichiamo qui un originale e stimolante saggio di mons. Roberto Vignolo, docente di Esegesi presso la Facoltà teologica di Milano. Si tratta di una breve raccolta di voci poetiche «sul filo di memoria impegnata a ricomporre un piccolo puzzle di letture disparate», che potrà fornire buon alimento per lo spirito e per il pensiero. La rifl essione invita a «lasciar andare il ragno» – figura suggestiva a cui sono dedicate queste pagine – in piena libertà lungo le vie dello «spirito, quali uomini e donne disponibili a imparare non solo da tutti gli umani […] maanche dagli stessi animali […] cui ci unisce un misterioso miscuglio di identità e differenza, di superiorità – ma anche di inferiorità –, in ogni caso certamente di responsabilità».
Uno dei tratti più problematici della condizione giovanile odierna è la difficile transizione verso l’età adulta. Questo passaggio, meta di ogni attività pedagogica, viene reso laborioso (e talvolta impossibile) proprio dalla generazione degli adulti che desiderano restare giovani ad ogni costo, trasmettendo implicitamente l’idea che la vita adulta, con le sue responsabilità e i limiti connessi al tempo che passa, sia da evitare. Viene così meno la fisiologica conflittualità tra le generazioni e con essa la possibilità di una reale crescita. Su questo sfondo acquistano particolare eloquenza alcune pagine evangeliche che mostrano invece una certa conflittualità nella famiglia di Nazareth, in particolare tra Gesù e Maria. Silenzio, fiducia, lasciar essere sono gli atteggiamenti che don Armando Matteo (docente di Teologia fondamentale alla Pontificia Università Urbaniana di Roma) ravvisa nella figura della madre di Gesù, modello suggestivo per l’esercizio della responsabilità dei genitori in un tempo che sembra averla smarrita.