Pubblichiamo qui una prima presentazione della recentissima esortazione postsinodale a cura di mons. Giampaolo Dianin, docente di Morale sociale e familiare presso la Facoltà teologica del Triveneto. L’articolo offre una rapida ma completa rassegna degli aspetti innovativi di questo documento: il linguaggio esperienziale e non dottrinale, lo sguardo inclusivo, l’approccio non idealizzante alla famiglia. La seconda parte del saggio presenta sinteticamente ciascun capitolo della Amoris laetitia, fornendo le coordinate per orientarsi in un testo non breve e decisamente composito. Mons. Dianin dedica un’attenzione particolare al capitolo ottavo, che affronta l’atteso tema delle ‘famiglie ferite’, un intenso e accorato invito alla misericordia e al discernimento pastorale davanti a situazioni che non rispondono pienamente all’ideale cristiano sul matrimonio, dove papa Francesco fa suo il percorso sinodale senza chiuderlo ma aprendolo a possibili e doverosi ulteriori sviluppi. «La sua non è una proposta che cerca una via di mezzo per accontentare tutti ma la coerente traduzione del principio che il tempo è superiore allo spazio e anche in questo caso si tratta di aprire processi. Amoris laetitia è una tappa che apre un cammino indicando un percorso. […] Alla via discretionis, che alcuni avevano teorizzato con il tentativo di normare un nuovo percorso, papa Francesco aggiunge la via caritatis (AL 306)».
Che cosa è la speranza? Come rimediare al suo attuale venir meno? Sono le impegnative domande che mons. Giuseppe Angelini, docente di Teologia morale alla Facoltà teologica di Milano, affronta in questo breve ma denso saggio. L’Autore afferma che esiste una relazione stretta tra crisi morale del nostro tempo e il suo difetto di speranza: questa tesi è svolta a partire dalla considerazione del tratto adolescenziale che caratterizza l’odierna cultura diffusa, quell’interminabile sperimentare che è diventato filosofia di vita universale. Ma si può vivere senza punti di riferimento certi, in un continuo vagare senza meta? A questo modello l’articolo contrappone la visione biblica, nelle sue categorie fondamentali di promessa, fede e legge. La promessa, che è all’origine del popolo di Israele (ma, potremmo dire, anche della vita tutta di ogni uomo) viene messa alla prova nel deserto, là dove sembra mancare l’essenziale per vivere. La promessa però chiede di essere creduta attraverso la scelta pratica di affidarsi all’alleanza, alla legge che la custodisce e che indica la direzione del cammino. La speranza adulta è l’esito di questo cammino arduo che non delude.
L’articolo di don Franco Manzi, docente di Esegesi presso la Facoltà teologica dell’Italia settentrionale (Mi), invita a raccogliere la sollecitazione della parabola di Matteo 20, 1-16, che interroga il lettore a proposito di una giustizia «“illogicamente” illimitata» del Dio di Gesù. Intrisi come siamo dalla mentalità del do ut des, che tende a regolare tutte le nostre relazioni, facciamo fatica a comprendere che le realtà più importanti della vita non possono poggiare su questo fondamento. La ‘morale’ della parabola infatti è che «la categoria della giustizia meramente retributiva, con la sua intrinseca proporzionalità, non è adeguata a esprimere il sine modo della charitas che Dio “è” (1Gv 4,8.16). Anzi, la retribuzione, essendo condizionata, è una categoria insuperabilmente insufficiente a designare l’amore incondizionato, preveniente e gratuito, che il Padre di Gesù Cristo prova per ciascuno dei suoi figli».
A vent’anni dalla promulgazione della nota pastorale L’adeguamento delle chiese secondo la riforma liturgica (31 maggio 1996), mons. Giancarlo Santi, presbitero della diocesi di Milano, già responsabile dell’Ufficio nazionale beni culturali della Conferenza episcopale italiana, offre qui un quadro realistico dello ‘stato dell’arte’ di tale opera di adeguamento. L’articolo, che considera i cinquant’anni dall’inizio della riforma liturgica, delinea il quadro di un processo globalmente avviato ma che è lontano dall’essere concluso. I progetti di adeguamento liturgico delle chiese italiane «sono ancora in larga misura da avviare o da completare. L’obiettivo degli anni prossimi consiste nella promozione di progetti di adeguamento criticamente fondati e professionalmente sviluppati, ponendo così termine alla stagione dell’improvvisazione e del dilettantismo». Andrebbe promossa la consapevolezza che non è sufficiente un approccio tecnico, pur competente: «L e difficoltà, le incertezze e le opposizioni incontrate ogni qual volta si è trattato di mettere mano al rinnovamento delle chiese, in realtà dipendono da come si è affrontato il rinnovamento della Chiesa».
Don Alberto Carrara (parroco della diocesi di Bergamo) conclude qui la sua puntuale disamina degli aspetti celebrativi della messa. Ricordiamo che l’intervento si rifà a un approccio esperienziale, attento ai ‘nodi’ che la pratica pastorale degli ultimi anni ha evidenziato. La prima parte dello studio, pubblicata sul fascicolo scorso, è stata dedicata agli aspetti celebrativi più generali. Ora l’autore propone un’attenta e completa rassegna delle problematiche che riguardano i singoli momenti della celebrazione eucaristica. Non certo per indulgere a un approccio pignolo e rubricista, ma per evidenziare a quali condizioni il rito può esprimere il suo senso: «La messa è l’evento più alto per il credente, per cui tutto, anche i particolari, diventa prezioso. Inoltre, in un rito così “delicato” e complesso, l’insieme riuscito è il seguito riuscito di un’infinità di particolari ben fatti. Come tutto ciò che appartiene alla bellezza, il rito è fragile e ha bisogno di una cura straordinaria».