I distesi tempi estivi favoriranno la lettura di un corposo testo che don Giuliano Zanchi, teologo e segretario generale della Fondazione Bernareggi di Bergamo, dedica al tema della catechesi, così strategico nella vita pastorale. La riflessione si articola in un primo momento descrittivo della fine del «catecumenato sociale», cioè di quel processo che negli ultimi decenni è stato il vettore del momento catechetico nella trasmissione della fede, trasformandolo in una sorta di «Cireneo della vita pastorale», caricandolo cioè di funzioni improprie dalle quali è forse tempo che venga sollevato. Segue un breve ripensamento teologico della funzione didascalica nel paradigma ecclesiale, che aiuta a immaginare i futuri processi catechetici nel quadro dei contesti parrocchiali che l’implacabile lavoro del tempo e della cultura sta radicalmente cambiando. La riflessione, senza alcuna pretesa di configurarsi come studio vero e proprio, ha l’intento di condividere qualche criterio interpretativo e di indicare alcuni nodi di lavoro. Valorizzando l’esistente, occorre far tesoro della consapevolezza che le difficoltà incontrate in questi anni dalla catechesi indicano anche un punto di ripresa: la necessaria e intelligente attenzione alla vita cristiana adulta. Infatti «la crisi della cura dei piccoli sta svelando un vuoto generale che riguarda principalmente una narrazione cristiana adeguata a un cristianesimo di adulti».
Si comprende meglio l’ampia risonanza del dibattito provocato dall’Esortazione postsinodale Amoris laetitia – che si estende ben oltre le questioni segnalate dal cap. VIII – se nel suo testo si sa scorgere la proposta di una rinnovata interpretazione della vita cristiana. L’intervento di don Aristide Fumagalli, docente di Teologia morale presso il Seminario di Venegono e la Facoltà teologica di Milano, seguendo questa intuizione mette in luce come AL provochi la riflessione teologica in campo antropologico e morale e inviti al ripensamento di un tema essenziale per la vita credente, quello della legge morale, a partire dalla concezione dell’amore come storia. La riflessione si propone di «prospettare una concezione della legge morale in chiave amorosa e spirituale, in rapporto cioè all’amore di Dio riversato nei cuori per mezzo dello Spirito Santo», riprendendo l’insegnamento di Tommaso d’Aquino sulla «legge nuova» e gli auspici di rinnovamento postconciliare della teologia morale di Paolo VI e Giovanni Paolo II.
Qual è il luogo proprio dell’uomo, il limite che lo definisce? Dove abita? Domande fondamentali, perché riguardano la nostra identità più profonda. Non si tratta soltanto di abitare spazi fisici, che pure hanno una importante densità simbolica, ma anche di accedere a dimensioni essenziali come il venire e lo stare al mondo nel proprio corpo o come l’abitare se stessi: è anzitutto lì che si sta e si dimora, decidendo della propria vita. L’Autore, priore della comunità di Bose, sviluppa una suggestiva riflessione che mette a tema il rapporto con il nostro corpo, l’interiorità e il quotidiano, per poi esaminare i modi attraverso i quali abitiamo il tempo e dimoriamo con gli altri. Sono tutti aspetti della vita a cui non facciamo molto caso, ma che andrebbero vissuti con vigilanza e consapevolezza. Per scoprire infine che il luogo più radicale dove vivono gli umani è il desiderio, che non ha un compimento in nessun luogo sotto il cielo, ma è sempre ricerca dell’Altro.
A tre anni dalla promulgazione dell’enciclica Laudato si’, Don Bruno Bignami, presbitero della diocesi di Cremona, vicedirettore dell’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro della CEI e Presidente della Fondazione Mazzolari, ne riprende il testo con l’intenzione di perorarne un autentico passaggio nella pastorale ordinaria che ancora fatica a recepirlo in modo adeguato. La riflessione sottolinea come la prospettiva dell’ecologia integrale proposta da Francesco non vada confusa con una blanda attenzione all’ambiente o con l’assunzione di stili di vita salutistici. Chiede piuttosto alle comunità cristiane di assumere una «spiritualità ecologica come orizzonte di comprensione di tutte le scelte pastorali»; scelta che ha un solido fondamento evangelico, comportando «il lasciar emergere tutte le conseguenze dell’incontro con Gesù nelle relazioni con il mondo che li circonda» (LS 217) e promette di rinnovare in modo credibile il compito stesso delle comunità ecclesiali, disponendole a offrire motivi di speranza, seminare sguardi positivi di rinascita, diventare segno di un modo diverso di abitare il pianeta.
Questa nota, profonda ed evocativa (pubblicata sul quindicinale online VP Plus), è opera del filosofo catalano Josep Maria Esquirol, che vi condensa la tesi svolta nel fortunato libro Resistenza intima: Saggio su una filosofia della prossimità (Vita e Pensiero 1918). È l’invito a riconsiderare il fondamento vero dell’esperienza umana, quella prossimità che si esprime attraverso parole di sempre come ‘casa’, ‘tavola’ ‘fratello’, ‘cura’ ‘Dio’. Sono parole che dovremmo custodire attentamente: orientano il nostro cammino e ci legano agli altri. Non possiamo perderne il significato: verremmo irrimediabilmente esposti alle forze della disgregazione, perdendo il gusto delle cose e dei legami che ci tengono in vita.