La religione in assenza. A venticinque anni dalla scomparsa di Krzysztof Kieslowski
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Chi fra i lettori non è più giovanissimo probabilmente ricorda il grande impatto narrativo e la forza provocatrice con la quale, nei primi anni ’90, il Decalogo di Krzysztof Kieslowski aveva ‘sedotto’ molti credenti e non credenti, riuscendo nell’impresa di togliere i dieci comandamenti dal polveroso archivio confessionale e restituire loro una misteriosa e affascinante capacità di interrogare la realtà quotidiana. A 25 anni dalla scomparsa del grande regista polacco, Giuseppe Frangi, giornalista e presidente dell’Associazione Giovanni Testori, offre una magistrale ripresa della sua poetica. Incentrata sull’eccedenza della realtà e della vita rispetto a ogni forma di comprensione, essa è animata anche dalla persuasione di quanto l’esistenza concreta sia irriducibile a qualsiasi dualismo etico e a ogni presunta evidenza religiosa. Eppure – afferma l’autore – «Decalogo è pervaso da una tensione di ricerca che non sapremmo come definire se non “religiosa”: siamo di fronte a una indagine fedele e magnifica sulla condizione umana, con le sue fragilità e anche con la sua bellezza. Tenendo però fede alla premessa che spesso Kieslowski ripeteva
a sé e ai suoi interlocutori: “Prima di tutto io non so”». |