Oggi va facendosi strada l’idea che il prete debba essere un leader carismatico.A determinare questa tendenza non è estraneo il clima culturale dominante, che esalta la soggettività e misconosce l’istituzione. Certo, nella Chiesa cattolica non si dà contraddizione tra carisma e istituzione. La varietà delle tipologie di prete evidenzia quanto la struttura ecclesiastica sia accogliente nei confronti delle peculiarità personali. E tuttavia, sottolinea il noto teologo don Severino Dianich, «piaccia o non piaccia, il prete come anche il diacono o il vescovo, è uomo dell’istituzione». La vocazione e l’ordinazione al ministero non sono finalizzate all’autorealizzazione del prete, ma al servizio della comunità affidatagli dal vescovo. Ogni servizio è determinato dai bisogni e dalla condizione di chi deve essere servito. Appare quanto mai urgente una comprensione e un esercizio corretto del ministero in tal senso. Essa domanda anche una certa ascesi nei confronti delle proprie particolari inclinazioni, perché la comunità cristiana sia casa ospitale per tutti. È la fedeltà del bravo amministratore.
Pubblichiamo qui il testo della lezione che mons. Angelo Amato ha tenuto il 1° marzo scorso agli studenti di Introduzione alla teologia dell’Università Cattolica a Milano. La riflessione mostra in modo chiaro e lineare la centralità di Gesù Cristo nella storia umana, nel cristianesimo e nella teologia stessa, di cui il cristocentrismo costituisce il principio architettonico. Su questo sfondo il Segretario della Congregazione per la dottrina della fede sviluppa l’affermazione giovannea di Gesù via, verità e vita: «La teologia è lo studio di Gesù come via, che guida il nostro cammino; come verità, che illumina l’intelligenza; come vita, che nutre e sostiene la nostra esistenza».
È un ritratto che dà da pensare quello che Emanuela Mora (docente di Sociologia dei processi culturali all’Università Cattolica di Milano) ed Elisa Bellotti (dottore di ricerca in Sociologia presso il medesimo ateneo) ci offrono in queste pagine: «Oggi sembra di percepire un generalizzato blocco sociale, che cristallizza l’età della giovinezza e rende molto difficoltoso pensarne il superamento: scolarizzazione di massa senza sbocchi definiti, un mercato culturale che si rivolge al soddisfacimento dei desideri di tempo libero, un diffuso clima di incertezza sono elementi che possono impedire a una società di immaginare il proprio futuro». Naturalmente di ciò non sono i giovani a portare la responsabilità, ma la generazione che dovrebbe passar loro il ‘testimone’. L’articolo si limita a illustrare le caratteristiche di questa condizione. Averne chiara consapevolezza è già qualcosa per chi ha a cuore il bene più prezioso per un giovane, la speranza.
Don Giampietro Ziviani (direttore dell’Ufficio catechistico della diocesi di Adria e Rovigo) propone in queste pagine un utile accostamento tra l’esortazione apostolica di Paolo VI «Evangelii Nuntiandi», di cui è recentemente ricorso il trentesimo anniversario, e la Traccia preparatoria per il Convegno di Verona (Testimoni di Gesù risorto, speranza del mondo). Entrambi i testi mettono a tema, certo in modi diversi ma anche con sorprendenti affinità, il rapporto tra Vangelo e uomo contemporaneo, interrogandosi sul futuro della fede. Il Convegno di Verona cercherà di discernere come l’annuncio del Vangelo oggi possa rispondere al deficit di speranza che sembra sempre più caratterizzare la società odierna: in particolare, predicazione della Chiesa come racconto della speranza, valorizzazione dei frammenti positivi di vita e attenzione all’intrinseco legame tra fede e cultura sono alcune tematiche che la Traccia raccomanda di sviluppare in questi mesi che ci separano dal Convegno ecclesiale.
Ormai in vista della conclusione del Vaticano II, Paolo VI dava avvio alla causa di beatificazione di papa Giovanni, il coraggioso iniziatore del Concilio stesso, assurto subito dopo la morte a una diffusa fama di santità. Risulta dunque opportuno e significativo far seguire alle riflessioni già presentate su questa rivista in occasione del quarantesimo del Vaticano II, un contributo dedicato a papa Roncalli. L’autore dell’articolo, Enrico Galavotti, ricercatore presso la Fondazione per le scienze religiose Giovanni XXIII di Bologna, ha studiato la figura di questo pontefice sulla base dagli atti del processo di canonizzazione. A partire da tale inconsueta prospettiva, la rivisitazione della vita e delle virtù del ‘papa buono’ si intreccia in maniera interessante con la valutazione dei «grandi processi messi in moto da papa Roncalli nel corso del suo pontificato».
Lo sport è un fenomeno sociale e un’esperienza umana la cui importanza oggi è difficile sottovalutare. Chi ha la responsabilità di un oratorio lo sa bene. Lo sport è una straordinaria risorsa educativa, potenzialmente un ‘maestro di vita’, sia se praticato sia se fruito come spettacolo. Ne parla in questo articolo, dalla scrittura particolarmente gustosa, Gianfranco Piantoni, già docente all’Università Bocconi di Milano e grande esperto del mondo sportivo. Queste pagine condensano quanto più ampiamente esposto dall’Autore nel suo recente libro "Diritto allo stadio. Sport, costume e valori", edito da Vita e Pensiero nel 2005.