L’umano con-segnato. Riflessioni sullo stato sacerdotale
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Un’appassionata meditazione di mons. PierAngelo Sequeri dà avvio
alla serie di contributi che la Rivista ha programmato per l’Anno sacerdotale
indetto da Benedetto XVI. Il punto fondante di questa riflessione
sul senso dell’essere prete nella nostra epoca è l’attenzione
per la Chiesa che concretamente c’è. Questa presa diretta con
la realtà è l’antidoto all’insorgere nel presbitero dell’insoddisfazione
per la comunità che Dio gli ha affidato. Il prete, piuttosto, è un uomo
che, per amore del Signore, consegna la propria vita alla cura obbediente
della Chiesa reale e della sua missione, trovando qui la propria
letizia. Secondo il medesimo spirito, il ministero cristiano nei
confronti di tutti i non-discepoli è chiamato ad accogliere radicalmente
la vita quotidiana come il terreno della nostra rivelazione di
Dio. Su questo sfondo, e oltre ogni retorica, Sequeri rilegge il nucleo
spirituale della figura sacerdotale secondo la categoria del cuore:
«Nel punto di contatto tra il ministero apostolico e la condizione
umana, un uomo, consacrato nel nome del Signore all’azzardo del loro
legame più alto, mette il cuore. È lui stesso il legame. L’immagine
che deve dominare su tutto, e in tutto, rimane detta in quelle semplici
parole: ricomposizione e misericordia. Riconciliazione con Dio,
mediante il ministero della fede, reciprocità fra gli umani, mediante
il ministero di agape».
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