Ci pare utile proporre un secondo contributo sulla crisi del rapporto tra le generazioni, dopo quello recente di mons. Franco Giulio Brambilla (1/2014, pp. 6-17). Secondo Francesco Stoppa (psicanalista presso il Dipartimento di salute mentale di Pordenone e autore di un magnifi co libro sul tema: La restituzione, Milano 2011) la diffi coltà diffusa nel trasmettere il sentimento della vita va ascritta alla generazione degli adulti, mossa dall’inconscia convinzione che il mondo e la storia fi niranno con loro e che i fi gli non saranno capaci di abitarli e cambiarli. Insieme, è vero anche che si è rotto il patto tra famiglia e società, disarticolato dalla logica imperante del consumo, del profi tto, dell’individualismo e del relativismo etico. In questo paesaggio di rovine è tuttavia ancora possibile quel misterioso appuntamento tra le generazioni che scandisce il fl uire della storia: saranno le giovani generazioni a raccogliere, in forme e modi inediti, il testimone che gli adulti hanno lasciato cadere. Il contributo verrà pubblicato nel volume «Ho ricevuto, ho trasmesso» (edito da Vita e Pensiero, in libreria alla fi ne di aprile), che raccoglie gli interventi di un incontro di studio promosso dal Pontifi cio Consiglio per la Famiglia nel novembre scorso.
Nel recente passaggio di pontificato, si è levata insistente la richiesta di una maggiore collegialità nel governo della Chiesa, istanza che, pur sancita dottrinalmente da Lumen Gentium, ha conosciuto una debole recezione nel post-concilio. Il contributo di don Dario Vitali, docente di Ecclesiologia presso la Pontifi cia Università Gregoriana, si propone di analizzare la questione, provando a rivedere senza preclusioni le possibili applicazioni della dottrina conciliare a partire dai paragrafi 22-23 di LG che trattano il tema della collegialità. Un’accurata esegesi dei testi pone le premesse per verifi care i motivi di una recezione tanto faticosa e ipotizzare un avvio di soluzione per l’esercizio possibile della collegialità nella Chiesa che, pensata a partire dalla mutua relazione tra Chiesa universale e Chiese particolari, va regolata sul rapporto tra il papa, «perpetuo e visibile principio e fondamento dell’unità sia dei vescovi che della moltitudine dei fedeli», e i vescovi, «principio visibile e fondamento dell’unità nelle loro Chiese particolari». A partire da questo assunto don Vitali suggerisce che il «primo passo da fare consiste nel ristabilire la chiara distinzione dei soggetti e delle loro funzioni, in un rapporto di necessaria circolarità. Solo una Chiesa in cui siano rispettati i tre momenti della profezia, del discernimento e dell’attuazione di ciò che si è individuato come strada da seguire può veramente garantire quelle dinamiche partecipative che alimentano la comunione ecclesiale senza risolversi in livellamento e omologazione. In questo dinamismo, il collegio dei vescovi è il soggetto privilegiato del discernimento ecclesiale».
A un anno dall’elezione di papa Francesco e a pochi mesi dalla pubblicazione della Evangelii Gaudium, ‘manifesto’ del nuovo pontificato, mons. Luca Bressan, membro della redazione e docente di Teologia pastorale presso la Facoltà teologica dell’Italia settentrionale, riprende il tema della ‘nuova evangelizzazione’ che, lanciato in grande stile nell’imminenza del Sinodo, oggi sembra aver perso di interesse. L’intento dell’articolo è mostrare come la categoria di nuova evangelizzazione abbia attraversato questo periodo denso di trasformazioni, uscendone a sua volta reinterpretata e arricchita. La riflessione percorre un itinerario che prende le mosse dal pensiero di Benedetto XVI, il quale intende la nuova evangelizzazione come «lo strumento che permette alle Chiese di arrestare ogni processo di involontaria autosecolarizzazione. La nuova evangelizzazione chiede ai cristiani e alle loro comunità di tornare a cercare i segni della nostalgia di Dio, di immaginare delle risposte a questa sete, senza porre in alternativa ciò che è essenziale con le ineludibili conseguenze sociali della fede pregata». Nella seconda parte del contributo (che pubblicheremo sul prossimo numero) l’Autore mostrerà come il concetto sia stato assunto e rilanciato dal magistero di papa Francesco nella Evangelii Gaudium.
Con questo contributo don Franco Manzi, docente di Esegesi presso la Facoltà teologica dell’Italia settentrionale (Milano), torna sul tema delle parabole con l’intento di approfondirne il singolare carattere ‘teofanico’: il Figlio Gesù attraverso di esse rivela chi è il Padre e la sorprendente relazione che lega Dio alla storia degli uomini. Le parabole di Gesù si caratterizzano per un’insuperabile originalità cristologica: «Chiunque tentasse di comprenderle quasi dimenticando che sono state immaginate dal Figlio, rischierebbe di annebbiare la rappresentazione dell’unico vero Dio-Abbà, rispecchiatoci in modo cristallino unicamente da Cristo, “immagine del Dio invisibile” (Col 1,15). Disarcionare le parabole dalla vita singolarmente teofanica di Cristo signifi cherebbe correre il pericolo di raffi gurarsi Dio come uno dei suoi “fantasmi”, inventati e temuti dagli uomini!».
Domenica 4 maggio si celebra la 90ª Giornata per l’Università Cattolica del Sacro Cuore, occasione propizia per rinnovare i legami tra l’ateneo dei cattolici e la Chiesa italiana. Ce ne parla la nota della prof.ssa Paola Bignardi (membro del Consiglio di Amministrazione dell’Istituto Toniolo di Studi Superiori, ente fondatore e garante della Cattolica), che sottolinea come il servizio offerto nella sua lunga storia e ancora oggi sia quello tipico di un’università: la ricerca, la formazione dei giovani, l’elaborazione e diffusione di una cultura ‘alta’. Da questo punto di vista, è diffi cile sottovalutare l’importanza dell’Università Cattolica non solo per le comunità cristiane, ma anche per il Paese tutto.