Xavier Lacroix (filosofo, docente all’Università cattolica di Lione e
membro del Comitato nazionale francese di etica) offre in queste
pagine una riflessione rigorosa sulla famiglia, su ciò che la identifica
e sui suoi elementi costitutivi. In particolare, l’Autore mostra come
sia l’alleanza coniugale a fondare la filiazione e la famiglia. Tale legame
coniugale, se vivo e duraturo, consente di illuminare altre configurazioni
familiari e di individuare ciò che ad esse manca, per porvi
rimedio, almeno parzialmente. Questa riflessione di tipo fondamentale
aiuta a situarsi correttamente all’interno di dibattiti importanti
e accesi, come quello recente in Francia sul matrimonio tra gli omosessuali.
L’articolo è stato originariamente pubblicato sul fascicolo di
marzo 2013 della rivista «Études».
Lo scorso gennaio dom Benoît Standaert, osb, noto autore spirituale
ed esegeta, monaco presso l’abbazia di S. Andrea a Bruges (Belgio), è
stato invitato a tenere un incontro alla ‘Tre giorni parroci’ della città
di Milano. La centralità del tema proposto, ‘Il Vangelo come itinerario
di fede’, e l’autorità del relatore ne consigliano una diffusione più
ampia, a beneficio di quanti desiderino fondare il proprio cammino
spirituale in uno stretto confronto con la Parola. L’intervento delinea
dapprima il particolare significato che il credere assume nel secondo
vangelo, per poi concentrarsi sull’itinerario iniziatico che esso impone
al lettore portandolo a ripercorrere la stessa drammatica vicenda
che fu di Pietro, il primo fra gli apostoli. Seguendo la narrazione di
Marco, il credente diventa così adulto, segue un vero percorso di
iniziazione che lo abilita alla testimonianza: «Non possiamo trasmettere
altro da ciò che abbiamo attraversato come prova spirituale. Ma
anche: non possiamo non trasmettere il paradosso sino alla fine, una
volta che abbiamo visto, capito, integrato».
Teologa e profetessa del secolo XII, Ildegarda di Bingen ha goduto di
fama di santità mentre era ancora in vita. Due tentativi di canonizzazione
maldestramente condotti nel secolo XIII non approdarono al
riconoscimento ufficiale. Questo è avvenuto solo di recente, grazie
alla determinazione di Benedetto XVI che, con iniziativa fulminea,
prima (10 maggio 2012) l’ha proclamata santa, pur in assenza di miracoli,
e poi (7 ottobre 2012) dottore della Chiesa. Tali atti attestano
la particolare predilezione di papa Benedetto per la veggente renana,
nel quadro della sua devozione nei confronti di teologi e riformatori
monastici del Medioevo, e insieme rivelano uno specifico accento
del suo magistero, tanto più significativo in quanto fissato nell’imminenza
della rinuncia. La fede intimamente vissuta permise a Ildegarda
di esprimere una lucida e coraggiosa denuncia dei mali della Chiesa e
in particolare del clero indegno del tempo. A sua volta, per rimarcare
il proprio sdegno nei confronti di comportamenti pedofili del clero
recentemente venuti alla luce, il papa si richiamava a lei nel discorso
tenuto il 20 dicembre 2010 a cardinali, vescovi e presbiteri riuniti
per gli auguri natalizi. In quell’occasione Benedetto XVI affermava: "Siamo stati sconvolti quando, proprio in quest’anno e in una dimensione per noi inimmaginabile,
siamo venuti a conoscenza di abusi contro i minori commessi da sacerdoti,
che stravolgono il Sacramento nel suo contrario: sotto il manto del sacro feriscono
profondamente la persona umana nella sua infanzia e le recano un danno per tutta la vita. In questo contesto, mi è venuta in mente una visione di sant’Ildegarda di Bingen
che descrive in modo sconvolgente ciò che abbiamo vissuto in quest’anno. «Nell’anno
1170 dopo la nascita di Cristo ero per un lungo tempo malata a letto. Allora, fisicamente
e mentalmente sveglia, vidi una donna di una bellezza tale che la mente umana non
è in grado di comprendere. La sua figura si ergeva dalla terra fino al cielo. Il suo volto
brillava di uno splendore sublime. Il suo occhio era rivolto al cielo. Era vestita di una
veste luminosa e raggiante di seta bianca e di un mantello guarnito di pietre preziose.
Ai piedi calzava scarpe di onice. Ma il suo volto era cosparso di polvere, il suo vestito,
dal lato destro, era strappato. Anche il mantello aveva perso la sua bellezza singolare e
le sue scarpe erano insudiciate dal di sopra. Con voce alta e lamentosa, la donna gridò
verso il cielo: “Ascolta, o cielo: il mio volto è imbrattato! Affliggiti, o terra: il mio vestito
è strappato! Trema, o abisso: le mie scarpe sono insudiciate!”. E proseguì: “Ero nascosta
nel cuore del Padre, finché il Figlio dell’uomo, concepito e partorito nella verginità,
sparse il suo sangue. Con questo sangue, quale sua dote, mi ha preso come sua sposa.
Le stimmate del mio sposo rimangono fresche e aperte, finché sono aperte le ferite dei
peccati degli uomini. Proprio questo restare aperte delle ferite di Cristo è la colpa dei
sacerdoti. Essi stracciano la mia veste poiché sono trasgressori della Legge, del Vangelo
e del loro dovere sacerdotale. Tolgono lo splendore al mio mantello, perché trascurano
totalmente i precetti loro imposti. Insudiciano le mie scarpe, perché non camminano
sulle vie dritte, cioè su quelle dure e severe della giustizia, e anche non danno un buon
esempio ai loro sudditi. Tuttavia trovo in alcuni lo splendore della verità”. E sentii una
voce dal cielo che diceva: “Questa immagine rappresenta la Chiesa. Per questo, o essere
umano che vedi tutto ciò e che ascolti le parole di lamento, annuncialo ai sacerdoti che
sono destinati alla guida e all’istruzione del popolo di Dio e ai quali, come agli apostoli,
è stato detto: “Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura
(Mc 16,15)”». (Lettera a Werner von Kirchheim e alla sua comunità sacerdotale: PL 197,
269 ss.). Nella visione di sant’Ildegarda, il volto della Chiesa è coperto di polvere, ed è
così che noi l’abbiamo visto. Il suo vestito è strappato, per la colpa dei sacerdoti. Così
come lei l’ha visto ed espresso, l’abbiamo vissuto in quest’anno. Dobbiamo accogliere
questa umiliazione come un’esortazione alla verità e una chiamata al rinnovamento".
Nella prospettiva di Benedetto XVI, l’insegnamento di Ildegarda sulla
Chiesa si radica nella sua concezione della fede come dono assolutamente
gratuito, da accogliere nell’interiorità della relazione con
Dio e da vivere in una dimensione limpidamente comunitaria. Nella
scia di Anselmo e Bernardo, Ildegarda si inscrive da questo punto
di vista nel solco della tradizione agostiniana e benedettina, come
spiega il prof. Rainer Berndt sj, il teologo che in qualità di perito
ha ufficialmente seguito la procedura attraverso cui la santa è stata
elevata al rango di dottore della Chiesa. L’articolo è la traduzione del discorso da lui tenuto il 31 ottobre 2012 nella parrocchia di
Sankt Hildegard (Rüdesheim-Eibingen) in occasione delle celebrazioni
della Conferenza Episcopale Tedesca per la proclamazione della
santa a dottore della Chiesa. Nella prima parte l’Autore presenta la
dottrina ildegardiana della fede nel contesto teologico e monastico
del suo tempo. Nella seconda lascia fittiziamente la parola alla stessa
Ildegarda. Rivolgendosi ai cristiani del nostro tempo e facendo riferimento
a vicende per certi versi analoghe avvenute nel proprio secolo,
la santa invita a superare fraintendimenti e divisioni che ancora
impediscono la piena recezione del Concilio Vaticano II.
Il Vaticano II attende ancora una sua compiuta applicazione e questa
dilazione dei tempi, per molti aspetti del tutto fisiologica, dà adito a
una pluralità di reazioni e giudizi, talvolta diversi fino a contrapporsi.
Claudia Di Filippo Bareggi, docente di Storia moderna all’Università
degli Studi di Milano, delinea in questo studio un accurato quadro
storico dell’evoluzione della Chiesa cattolica e del papato, dall’epoca
Tridentina all’attuale, al fine di porre le premesse per una corretta
valutazione dell’evento Vaticano II e della sua difficile attuazione in
questi cinquanta anni nella prospettiva della recentissima svolta impressa
dall’elezione di papa Bergoglio.
Rarefatta e in crisi come virtù sociale, la fiducia viene oggi enfatizzata
soprattutto quale risorsa dell’uomo proteso alla conquista del mondo,
provocando così una curiosa figura di fiducia narcisisticamente ripiegata
sul singolo e portatrice di sospetto sugli altri. Tuttavia, se ben
letta, l’esperienza universale della fiducia rappresenta una risorsa per
una migliore comprensione della fede cristiana. Don Ezio Prato, docente
di Teologia fondamentale presso la Facoltà teologica di Milano
e il Seminario vescovile di Como, mostra come l’apertura originaria
alla vita, che accade all’essere umano a partire dall’esperienza della
relazione fiduciale con la madre, possa mantenere la promessa che
contiene solo a partire dalla comprensione ultima della realtà che
il cristianesimo potrà confermare: «La realtà cristiana sarà l’unica
spiegazione pienamente sufficiente di ciò che è implicato nella prima
esperienza dell’essere da parte dello spirito che si risveglia: essere e
amore sono coestensivi».