La luminosa meditazione di Pietro Bovati (gesuita, membro della
Pontificia Commissione Biblica, per molti anni docente di Esegesi
e teologia dell’Antico Testamento al Pontificio Istituto Biblico di
Roma) muove dall’universale esperienza umana della caducità della
vita: i nostri giorni, uno dopo l’altro, «passano in fretta e volano via»,
come dice il Salmo. Questa constatazione non ha però come esito
ineluttabile la rassegnazione malinconica per la fine che incombe sui
giorni dell’uomo. La nascita di Dio dentro la trama della storia umana,
che tra poco celebreremo nel Natale, la apre al compimento di
ogni promessa e speranza, riscattandola dalla sua caducità. Il vivere
nel tempo può allora colorarsi di toni diversi: la gratitudine per il
passato, l’apprezzamento cordiale del presente, la fiduciosa disposizione
verso il futuro che ci viene incontro. Il testo riproduce l’Introduzione
al libro I giorni di Dio (di recente pubblicazione presso Vita
e Pensiero), un prezioso accompagnamento per riflettere e pregare
durante l’Avvento, in ascolto delle grandi figure bibliche dell’attesa.
Don Bruno Bignami, sacerdote diocesano di Cremona e docente di
Teologia morale presso lo Studio Teologico Interdiocesano e l’ISSR di
Crema-Cremona-Lodi-Vigevano, interviene con questa appassionata
riflessione nel dibattito sulle forme della nuova evangelizzazione.
L’autore si spende per un approccio aperto ed empatico delle comunità
cristiane verso la variegata umanità odierna, così da divenire
capaci di accogliere, ospitare e prendersi cura delle tante domande
e sofferenze di cui sono portatori gli uomini del nostro tempo. Per
la Chiesa si tratta quindi anzitutto di abbracciare con coraggio un
rinnovato stile che trova la sua misura nel riflettere fedelmente gli
atteggiamenti che furono di Gesù. Privilegiando in particolare la cifra
della cura, che papa Francesco ha proposto quale riassuntiva di un
cristianesimo desideroso di mettersi al servizio, dimentico dei numeri
e della difesa delle proprie strutture: «Si tratta per molti aspetti
di convertire la nostra immagine di Dio: solo allora c’è il passaggio
nella fede delle nostre comunità dalla paura alla fiducia, dalla morte
alla vita, dalla legge al vangelo. Le viscere di misericordia di Gesù lo
portano a condividere, a ‘patire-con’ l’umanità».
Ritorniamo sul tema della fede con questa articolata riflessione di
mons. Giuseppe Angelini, docente di Teologia morale presso la Facoltà
teologica dell’Italia settentrionale. «La Chiesa italiana – afferma l’Autore
– con il suo progetto ha riconosciuto che il mutamento culturale
costituisce il fattore fondamentale di crisi della fede». La fede
cioè incontra difficoltà a diventare principio di vita a motivo della
rapida trasformazione antropologica in atto. Alla luce di questo dato
si profila quale compito per il ministero pastorale la comprensione
dei codici culturali mediante i quali le persone oggi concretamente si
riferiscono ai significati fondamentali della vita. Chiarire la dinamica
dei rapporti tra cultura ed esperienza personale, in particolare tra
cultura e pratica della fede, appare particolarmente importante perché
la parola cristiana possa essere effettivamente comunicata agli
uomini di questo tempo.
L’intervento del prof. Luigi Franco Pizzolato, già docente di Letteratura
cristiana antica all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, fa
eco al recente articolo (si veda il numero 7-8 della Rivista) di don
Giuliano Zanchi che riproponeva con forza l’importanza del ruolo
del laico nella missione della Chiesa. La riflessione si propone di
riprendere l’impostazione conciliare della problematica laicale discutendola
con l’aiuto della successiva elaborazione ecclesiologica al
fine di superare l’originaria curvatura rivendicativa e il conseguente
schema oppositivo. Il prof. Pizzolato propone infatti di pensare la
distinzione dei ruoli di ministri ordinati e laici a partire dal comune
compito della costruzione del Regno, che si propone come «la
categoria unitaria decisiva per le sorti dell’umanità tutta e termine
ultimo dell’avventura umana e cosmica». Da una parte quindi costruire
la Chiesa implica l’accoglienza nella pastorale dell’atteggiamento
laicale, dall’altra il compito del ministro ordinato «si esplica principalmente
nel portare gradualmente il mondo – comprendendone
le sue leggi – a partecipare alla costruzione della Chiesa e nell’insegnare
le regole della laicità, lasciando spazio al laico per la costruzione
del mondo e della città. È quindi possibile la declinazione d’una
laicità comune, che nel ministro ordinato tenda primariamente alla
costruzione della Chiesa e nel laico primariamente alla costruzione
del mondo e della città».
Si è svolta a Torino dal 12 al 15 settembre la 47a Settimana sociale dei
cattolici italiani, la prima dopo oltre 50 anni ad affrontare il tema della
famiglia. Abbiamo chiesto a don Walter Magnoni, responsabile del
Servizio per la pastorale sociale e del lavoro della diocesi di Milano,
un intervento che ne sintetizzasse i contenuti salienti e la loro importanza
per la crescita dell’azione sociale dei cattolici italiani. La
nota riprende con efficacia gli interventi principali cogliendo soprattutto
il loro significato di stimolo operativo. L’Autore sottolinea nel
contempo come il ‘fiume’ di interrogativi, idee e riflessioni prodotte
a Torino necessiti di trovare un alveo che permetta loro di sfociare
in un’ulteriore elaborazione al fine di interagire concretamente con
le dinamiche sociali interessate: «Il rischio è che tali interrogativi
rimangano senza risposta e che vengano ripresentati nell’edizione
successiva. Come portare il fiume al mare?».