Chiesa, casa e strada sono i tre luoghi simbolici della vita del prete che S.E. Franco Giulio Brambilla, noto teologo e vescovo di Novara, individua e analizza pazientemente quali punti di concentrazione insieme rappresentativi e rivelativi della qualità del suo ministero: ‘professionalità’ atipica quella del prete, che ha particolare risalto nei momenti di concentrazione celebrativa, ma che trova negli equilibri costruiti nel ‘quotidiano’ la sua credibilità testimoniale. L’autore propone di rileggere i tempi feriali della vita del prete, vissuti talvolta come marginalità di una condizione che ha altrove il suo proprium del ministero, alla luce del momento ‘galilaico’ della vita di Gesù, per comprendere con nuova convinzione come «il quotidiano di un ministero “patito” può diventare la passione (attiva) del prete, cioè sprigionare la volontà di “appassionarsi” a una forma del ministero capace di dire e donare il Vangelo ad altri nella lingua degli altri».
Presentiamo il testo che don Maurizio Chiodi, membro ordinario della Pontificia Accademia per la Vita, docente al Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II (Roma) e della Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale, ha proposto nel corso di un recente webinar internazionale organizzato dalla PAV per i suoi accademici, dal titolo: Listening to Pope Francis. Insights and suggestions. La riflessione, che mette a fuoco temi di ampio respiro quali la struttura dialogica della verità e l’interdisciplinarità dei saperi, è dedicata a «riprendere criticamente e elaborare teologicamente alcune suggestioni e intuizioni che Francesco stesso ha sottolineato come decisive per la teologia oggi» e si propone quale utile, sebbene impegnativo, esercizio di riconoscimento delle matrici filosofiche e teologiche alle quali è possibile ricondurre le linee fondamentali del magistero di Francesco.
Don Vito Mignozzi, docente di Ecclesiologia e Teologia dei Sacramenti presso la Facoltà teologica pugliese, sede di Molfetta, presenta qui una sentita e attuale riflessione ‘post-pandemica’ sulle pratiche di catechesi delle nostre comunità all’indomani della ripresa dalla brusca e netta cesura degli ultimi due anni. Le domande che guidano il saggio chiedono anzitutto cosa sia rimasto oggi dei catechisti e della catechesi, e quali siano le condizioni per una ripresa di qualità del compito connesso. L’autore esprime la convinzione che per ricominciare sia necessario valorizzare anzitutto la prospettiva del ‘credente qualunque’ e della sua capacità di offrire una testimonianza credibile, irrobustita dalla purificazione che un tempo di crisi ha potuto far maturare nel profondo dell’esperienza di fede. Solo in una comunità che ha compreso il reale nesso del Vangelo rispetto alla vita e alle sue domande, la catechesi potrà essere realmente a servizio dell’esperienza reale animata dallo spirito evangelico: un’esistenza vissuta alla luce del Vangelo e da cristiani adulti nella fede.
Il racconto lucano dedicato ai ‘discepoli di Emmaus’ mostra ancora una volta la sua sorprendente ricchezza teologica, messa qui in risalto dalla sapiente ‘rilettura sinodale’ di Matteo Ferrari, monaco di Camaldoli. Il testo di Lc 24 narra infatti di un ‘cammino’ condiviso: «Siamo sulla strada, durante un cammino: un “sinodo in azione”» del quale l’autore mette attentamente a fuoco momenti simbolici ed elementi strutturali, condizioni del cammino verso il riconoscimento del Risorto. Condizioni che il testo canonico rende riferimenti imprescindibili per il cammino di tutti i credenti: accettare la condizione itinerante, non nella solitudine, ricercare, fare memoria, essere aperti all’ascolto del «forestiero», rileggere le Scritture, praticare la preghiera e l’ospitalità rappresentano le condizioni per il riconoscimento eucaristico di Gesù e la ripresa missionaria e gioiosa della via verso Gerusalemme: «Il brano dei discepoli di Emmaus costituisce veramente “un trattato” per un volto sinodale della Chiesa e per il cammino del discernimento ecclesiale».
La bella meditazione di don Emanuele Campagnoli, docente di Filosofia presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Crema-Cremona-Lodi, giunge propizia, in tempi dominati da un clima cupo e gravido di inquietudini, come un invito ad alzare lo sguardo su uno sfondo più ampio. Il testo si compone come in dialogo con le opere di tre noti autori – Giuseppe Goisis, Adrien Candiard e Divo Barsotti – per sviluppare una rifl essione panoramica sul senso della speranza e sugli ostacoli che rendono l’esercizio di questa virtù una pratica per nulla facile e immediata, sebbene del tutto necessaria: «La speranza ci apparirà, così, legata a due parti del corpo: ai piedi (è la virtù del cammino) e agli occhi (è la virtù della visione). Si colorerà di due attitudini principali: l’atteggiamento più passivo della fiducia e l’atteggiamento più attivo dell’attesa. La speranza, poi, si caratterizzerà come un modo di vivere: è vivere a partire dalla vita eterna».
Nel quadro della rubrica Esperienze pastorali presentiamo l’interessante esperienza di una giovane realtà cooperativa – Oltre l’Arte – nata a Matera nel quadro del Progetto Policoro, un’iniziativa organica della Chiesa italiana che tenta di dare una risposta concreta al problema della disoccupazione in Italia agendo nel solco del magistero sociale della Chiesa. Gli autori – membri della cooperativa – presentano un’esperienza sociale ormai consolidata, caratterizzata da molti elementi di replicabilità, tali da poter essere un seme generativo per tanti terreni in Italia, incluse le realtà parrocchiali da nord a sud del nostro Paese che vogliano attivare percorsi di rigenerazione delle comunità, avviando nel contempo pratiche sociali virtuose per il territorio che abitano.