Il mistero della coscienza ha suscitato da sempre un grande fascino
non solo nella rifl essione teologica, ma anche in quella di pensatori
e letterati di ogni estrazione. Recentemente il tema è stato riconsiderato
in un signifi cativo studio di teologia morale di don Aristide
Fumagalli, docente di Teologia morale nel Seminario Arcivescovile
di Milano: L’eco dello Spirito. Teologia della coscienza morale. Abbiamo
chiesto all’Autore di riprendere per i nostri lettori la tesi centrale
del saggio, che interpreta la coscienza come ‘fenomeno relazionale’,
dovuto cioè alla relazione tra lo Spirito divino e la libertà umana.
Secondo questa interpretazione sarebbe la sintonia o distonia della
libertà nei confronti dello Spirito a originare il mistero della coscienza
morale, la quale può essere meglio compresa come l’eco dello
Spirito riflessa dalla libertà. Quindi la coscienza non è comprensibile a
partire da una sola delle sue dimensioni, antropologica o teologica,
e neppure dal semplice accostamento delle due: «L’interpretazione
della coscienza come “eco” sembra meglio rendere ragione e del
carattere umano e del carattere divino della voce della coscienza.
Senza essere la sola voce dello Spirito o la sola voce della libertà,
la coscienza le evoca entrambe, così da poter esser effettivamente
detta voce dell’Uno e dell’altra».
La Bibbia rifl ette continuamente sul potere, tanto che il tema può
essere considerato una delle sue categorie centrali, dall’importante
signifi cato teologico. Tuttavia non sono molti gli studi esegetici che se
ne sono occupati con sistematicità. L’interessante studio di Donatella
Scaiola, docente presso la Pontifi cia Università Urbaniana, rappresenta
il primo saggio di un progetto più ampio inteso a studiare il potere
politico nella Scrittura veterotestamentaria. Diviso in due parti, presenta
anzitutto l’analisi di alcuni testi signifi cativi (Gen 11, Es 1, Ester),
emblematici per la sottile e ironica denuncia dei limiti del potere, tanto
più evidenti quanto più arroganti e pervasive divengono le forme
del suo esercizio. Nella seconda parte sono rapidamente analizzati
due testi (Gen 10 e Dt 16) che indicano a quali condizioni il potere
politico può svolgere una funzione positiva. Ne scaturisce l’originale
profi lo della lettura biblica di questo tema, senza eguali nel vicino
Oriente, che si riferisce all’esperienza dell’Esodo quale discernimento
di quanto vi è di buono nell’esercizio del potere.
L’ultima Settimana sociale dei cattolici italiani, tenutasi a Reggio
Calabria nel 2010, ha, secondo l’analisi di Luca Diotallevi (docente
di Sociologia all’Università di Roma Tre), valore di parabola, nello
specifi co senso biblico di evento linguistico che chiama l’interlocutore
a una fattiva presa di posizione, precisamente interpellando
i laici cattolici a partecipare alla vita della civitas. Reggio Calabria
risolleva così la questione dell’apostolato dei laici, pratica che ha
subito una forte e sorprendente crisi dopo il Vaticano II, l’evento
ecclesiale che pure l’ha riconosciuta e riproposta con energia e
autorità sorprendenti. Fra le principali ragioni di questa scomparsa
va considerata l’attrazione nella pastorale che l’azione laicale ha
subito in questi anni. Confi gurazione problematica, poiché rischia
di comprimere e deformare la peculiare azione profetica e santifi -
catrice dell’intero popolo di Dio. A giudizio del prof. Diotallevi «la
crisi dell’apostolato dei laici costituisce evidentemente un danno
grave per la civitas e per la intera ecclesia, e per l’esperienza di fede
di tutti e di ciascuno. Produce una crisi che a chi è laico toglie tanto,
ma tanto toglie anche a chi nella Chiesa non da laico, ma che
accanto e di fronte a laici è chiamato a vivere e a comprendere se
stesso e la particolarità dello stato o del ministero in cui si trova».
Una ripresa dell’apostolato laicale è certo auspicabile e possibile,
ma solo a partire dagli stessi laici, a condizione che si dispongano a
una spiritualità rigorosamente cristocentrica, dalle forme altrettanto
rigorosamente ecclesiali.
La rifl essione di mons. Renato Corti (già vescovo di Novara) nasce
dal desiderio di attingere alle ricchezze del Concilio Vaticano II e
di accogliere l’invito del motu proprio Porta Fidei di Benedetto XVI
a vivere l’anno della fede con particolare attenzione a quel dono
di grazia, che è il Concilio, ‘bussola’ preziosa per il terzo millennio.
Viene valorizzata la pagina di Lumen Gentium, 28 dedicata alle relazioni
a cui i presbiteri sono chiamati. Viene qui in particolare approfondita
la relazione con Cristo.
Lo studio di mons. Luigi Bressan, arcivescovo di Trento e presidente
della Commissione episcopale per l’Evangelizzazione dei Popoli e la
Cooperazione tra le Chiese, approfondendo il tema dello scambio
di presbiteri fra la Chiesa italiana e quelle africane, pone in risalto il
problema più generale del suo valore pastorale. Ancor più delicato
in considerazione del rilievo quantitativo del fenomeno: il numero
totale dei sacerdoti non italiani formalmente impegnati nel servizio
in Italia è infatti oggi superiore a 3.000 ed è in costante aumento.
Al fi ne di rendere più feconda e ordinata la cooperazione, la CEI
ha recentemente rivisto le convenzioni che la disciplinano (giugno
2010), ribadendo in particolare l’obbligatorietà del parere col vescovo
del paese d’origine che attesta sia la condotta di ogni sacerdote
sia la sua volontà di cooperare. Corrispettivamente, viene lì sottolineata
l’importanza che il vescovo ospitante giudichi quali siano i
reali frutti del lavoro dei fidei donum, «in termini non di prestazione
ma di cooperazione ecclesiale, in termini non di manodopera ma di
fraternità, non in quantità di celebrazioni ma di testimonianze e di
qualità sacerdotale». Queste attenzioni, conclude l’Autore, impegnano
e responsabilizzano tanto le Chiese di accoglienza quanto quelle
di invio e potranno raggiungere l’obiettivo voluto, anzitutto se esse
non vengono interpretate come strumenti burocratici ma come stimolo
alla progettualità delle Chiese locali.