Il rapido passaggio dalla tradizionale ‘Chiesa di popolo’ a una sua
nuova forma ‘minoritaria’ richiede una corrispondente trasformazione
della figura del ministero sacerdotale. Questa è la tesi qui
proposta dal noto teologo dogmatico Gilbert Greshake che, con
argomentazioni semplici e stringenti, mostra come l’incamminarsi
della Chiesa verso una sensibilità e un agire ispirati cristologicamente
alla forma sacramentale richieda un conseguente mutamento
nell’azione pastorale. L’azione della Chiesa dovrebbe
coerentemente orientarsi a essere ‘solo’ rappresentazione simbolica
e sacramentale dell’agire di Dio: prassi ‘rappresentativa’ –
non più ‘produttiva’ – mediante la quale esprime ciò che Dio stesso
opera e desidera operare con l’uomo. Ma, fino a che punto le
cose stanno così? Questo interrogativo disegna efficacemente lo
spazio per immaginare la figura del sacerdote nella Chiesa che
verrà, essenzialmente connotata dall’attitudine al ministero dell’unità
e alla pratica della vita communis. La traduzione è di Claudia
Colombo.
L’articolo riproduce la relazione che il filosofo inglese Roger Scruton ha tenuto in occasione del Convegno internazionale Dio oggi. Con Lui o senza di Lui cambia tutto (10-12 dicembre 2009), promosso dal Comitato per il progetto culturale della Cei. Scruton esplora la stretta relazione tra religione e bellezza, rilevando come l’arte manifesti ultimamente il senso della vita, quell’amore che è «la forza redentrice attiva al cuore stesso delle cose». Con ammirevole franchezza il filosofo inglese non esita a criticare la non sporadica tendenza dell’arte alla dissacrazione e alla «glorificazione della bruttezza», soprattutto in quest’epoca di opulento materialismo. L’autore auspica al contrario l’atteggiamento della «contemplazione disinteressata, l’esperienza del mondo come dono» quali presupposti fondamentali per riaccostarsi alla bellezza, non solo nella forma alta dell’arte ma soprattutto nella condizione ordinaria della vita: «L’esperienza della bellezza ci dice che noi siamo a casa in questo mondo, che il mondo è già ordinato nelle nostre percezioni come un luogo adatto alle nostre esistenze».
Con questo saggio mons. Giuseppe Angelini, docente di Teologia
morale presso la Facoltà teologica dell’Italia settentrionale, ritorna
sulla questione educativa trattando i nodi teorici che, chiariti, permettono
di sviluppare in modo proficuo il tema dell’educazione morale
e religiosa. La riflessione è guidata dalla convinzione che una
buona teoria cristiana sul tema debba confrontarsi con le coordinate
antropologiche dentro le quali il nostro tempo pensa la cultura e
quindi l’educazione. La fede infatti propone una comprensione del
compito educativo che, forte della convinzione circa la sua ascendenza
‘rivelata’, deve porsi in consapevole dialettica con la cultura
odierna. Così il saggio, dopo l’attenta e laboriosa analisi delle problematiche
che riguardano la relazione fra cultura, libertà e verità, si
conclude presentando sinteticamente le linee caratteristiche di
un’educazione cristiana, ispirata cioè al modello di comprensione
della condizione umana suggerito dalla tradizione della fede biblica.
Il contributo del prof. Roberto Mancini (docente di Filosofia teoretica
all’Università di Macerata) inaugura un nuovo filone di articoli
sulla Rivista, che segnalerà di volta in volta attraverso una recensione
ragionata alcuni libri particolarmente utili a comprendere l’attuale
clima socio-culturale. Si tratta di inviti alla lettura per aiutare
nell’interpretazione di questo tempo così complesso e difficile da
decifrare. Oggetto di queste pagine è il breve testo dello psicoanalista
Luigi Zoja, La morte del prossimo, nel quale viene proposta una
convincente fenomenologia della fine dei legami di prossimità nella
società odierna, iperindividualista e consumista: un’analisi acuta e
realistica di come si configurano oggi le relazioni umane in un’atmosfera
sociale nella quale «gli altri non sono per noi altro che paesaggio
».
Il contributo che qui pubblichiamo apre un’interessante finestra sulla
semplice ‘presenza’ quale singolare dimensione missionaria della
Chiesa. Con l’accostamento di diversi flash narrativi, padre Silvano
Zoccarato, missionario del PIME, offre un vivace racconto della presenza
missionaria in Algeria, sostanziata da gesti semplici ed essenziali,
vissuta con i ritmi della pazienza e dell’attesa, disponibile a cogliere
le molteplici e imprevedibili vie di manifestazione di Dio.
Queste pagine, scritte con i toni del racconto testimoniale, sono
pervase dall’incanto di ciò che raggiunge l’essenziale, in questo caso
relativo all’evangelizzazione e alla presenza ecclesiale. In tal senso
hanno molto da dire anche alla situazione della Chiesa italiana.
Gli anni successivi al Concilio Vaticano II hanno visto l’Azione Cattolica
mantenere fedelmente il proprio servizio alle Chiese locali seguendo
e interpretando i mutamenti che hanno attraversato il cattolicesimo
italiano. Ospitiamo quindi con interesse il presente
contributo che fa il punto sul significato e le prospettive attuali della
presenza diocesana di Azione Cattolica analizzando l’esperienza
vissuta in una grande Chiesa diocesana, quella milanese. Ne sono autori
Valentina Soncini e don Ivano Valagussa, rispettivamente Presidente
e Assistente generale dell’Azione Cattolica ambrosiana. L’articolo
colloca la riflessione sullo sfondo generale del processo
postconciliare di valorizzazione del laicato e nella più recente prospettiva
missionaria scelta dalla Chiesa italiana e milanese. Entrambi
i riferimenti vengono valorizzati quali portatori di un rinnovato impegno
associativo, che trova il suo senso nella cura della formazione
e della qualità spirituale di laici maturi al servizio dell’evangelizzazione
in questa difficile epoca postmoderna.