Alberto Bruzzolo
Titoli dell'autore
Da persona a persona. Un’esperienza di parrocchia missionaria
digital

Anno:
2005
«Da persona a persona»: è il tratto saliente di quel volto missionario che i vescovi chiedono alle parrocchie italiane di assumere (cfr. CEI, Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia, n. 6). Per continuare a trasmettere la memoria cristiana, per continuare ad annunciare in modo efficace il Vangelo, le parrocchie sono chiamate a rilanciare, a tornare a scommettere su quella che è la loro identità profonda, la loro funzione primaria: far vivere la tradizione cristiana dentro il tessuto quotidiano della vita della gente, laddove si costruiscono quei legami sociali primari che strutturano la base, il tessuto portante della società, della cultura, e anche della Chiesa.
Dentro questo quadro, l’esperienza della parrocchia di Pentecoste (periferia di Milano), raccontata dal suo parroco (don Alberto Bruzzolo) al Convegno missionario nazionale dello scorso settembre, ci è sembrata uno stimolo significativo. È capace infatti di mostrarci in termini semplici e molto quotidiani (e per questo efficaci) cosa significa immaginare una vita parrocchiale che fa del principio «da persona a persona» il proprio punto di riferimento, il cardine della propria progettazione pastorale e della propria vita ecclesiale. Mostrandoci anche i guadagni di una simile operazione. In primo luogo, una reimpostazione della parrocchia a partire da questo suo tratto saliente può essere l’occasione attesa per dare maggiore slancio alla recezione dentro la nostra pastorale di quegli elementi che il Concilio Vaticano II ha inteso collocare come assi portanti della vita ecclesiale: l’ascolto comune e condiviso della Parola, il primato della celebrazione eucaristica domenicale, una comunità cristiana locale che si sente e si presenta come popolo di Dio che nel quotidiano testimonia la salvezza che Dio ci ha donato nel suo Figlio, Gesù Cristo. In questo caso, il principio «da persona a persona» suona come un invito: è proprio ogni singolo cristiano il destinatario di questi doni, di questi tesori che la Chiesa custodisce e trasmette. Ed è compito della parrocchia farsi carico della comunicazione di questi doni nel tessuto dimesso e abitudinario della vita di tutti i giorni, nel reticolo frequentato e quasi consunto dei nostri tragitti quotidiani. In secondo luogo, reimpostare la parrocchia sull’asse «da persona a persona» significa esaltarne ulteriormente quella dimensione missionaria già più volte richiamata e messa in luce dai vescovi italiani. Ricordando in questo caso che i confini dell’istituzione parrocchiale non devono (non possono) coincidere con quelli delle sue strutture murarie, ma semmai con quelli tracciati dalle persone che vivono nel suo spazio, che questo suo spazio lo attraversano, e che da questo attraversamento si attendono comunicazione di speranza e di salvezza. Più ancora, «da persona a persona» suona come un monito alla parrocchia, perché sappia portare sino a questo livello la tensione missionaria che anima tutta la Chiesa, e che la rende testimone in ogni luogo, anche nel più piccolo ed isolato, di una comunione universale che lega ogni tempo e ogni spazio all’unica Chiesa di Cristo che attraversa la storia e le culture. Da ultimo infine, «da persona a persona» si presenta come un invito al realismo. Ricorda cioè alla parrocchia quello che essa è: una istituzione incaricata di rendere visibile la Chiesa nella storia degli uomini; ma non la sola istituzione a cui è affidato il compito di rendere visibile la totalità del mistero della Chiesa, la sola istituzione a cui è chiesto di annunciare il messaggio cristiano nella sua globalità. «Da persona a persona» indica una dimensione imprescindibile dell’annuncio del Vangelo, non il suo esaurimento. Accanto alla parrocchia è giusto e doveroso che ci siano altre figure ecclesiali, altre forme per dire in modo comunitario e partecipato il ‘noi’ ecclesiale, il ‘noi’ della fede cristiana. Accanto, tuttavia, e non in sua sostituzione, secondo quella logica di una pastorale integrata che il documento della CEI ha ultimamente inteso mettere in rilievo. Alla luce di queste semplici sottolineature si può comprendere ancora meglio il carattere esemplificativo della testimonianza dell’esperienza parrocchiale di Pentecoste, la sua funzione di stimolo: come questa, anche altre parrocchie italiane possono impegnarsi in una operazione di rilancio della propria identità primaria, di quella dimensione particolare «da persona a persona» che fa di queste istituzioni il punto più avanzato, la frontiera più esposta della Chiesa, nella sua azione di innervamento del cristianesimo dentro la società e la cultura. Senza alcuna intenzione obbligante, un simile racconto è piuttosto un invito a tentare le strade di un rinnovamento pastorale che intende coniugare semplicità e fedeltà evangelica, fattibilità e testimonianza ecclesiale, attenzione agli ultimi e disponibilità a tutti, attenzione alle istituzioni e amore per la Chiesa.
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